Regia di Kentarô Moriya vedi scheda film
Sulla scia di film come Four Rooms, dell’italiano Aspettando il sole o, per restare in terra nipponica, di Suite Dream, anche questo Seaside Motel è interamente ambientato nello scalcinato motel del titolo, del quale tutti i personaggi lamentano l’ingannatorio nome, dato che è situato tra le montagne nel bel mezzo del nulla e di “seaside” neanche a parlarne. Non che questo comunque importi alla maggiorparte dei protagonisti, finiti in questo sperduto angolo del Giappone per i più svariati motivi: da un venditore di creme di bellezza a una coppia in fuga dai creditori. Il film si concentra sulle storie che si sviluppano in quattro delle stanze del motel, tutte accomunate da situazioni paradossali e grottesche che fanno emergere una comicità spesso azzeccata. Il tono, più che richiamare Tarantino come hanno sostenuto alcuni, sembra fare il verso alla leggerezza e all’eccessività di un Guy Ritchie, il cui The Snatch è citato in una scena in maniera fin troppo palese, anche se qui non è presente lo stesso gusto per le sceneggiature contorte e ad incastro, poichè le quattro storie andranno sì a sfiorararsi, ma rimanendo sostanzialmente autonome. Alla prevalenza della riuscita componente comica si va poi ad affiancare anche una parte più seria, soprattutto nella storia tra il venditore di creme e una prostituta, che si può riassumere con la frase più volte citata dai due protagonisti: “Può qualcosa di falso trasformarsi in qualcosa di genuino?”. Non ne scaturiscono certo profonde discussioni esistenziali, ma alcuni dialoghi riescono a spingersi oltre la banalità dando senso compiuto alle storie messe in scena. Pur rimanendo altamente godibile e divertente, grazie anche ad una buona prova degli attori (la mia personale preferenza va alla brava interprete della prostituta, Aso Kumiko), il film è purtroppo limitato da personaggi e situazioni troppo stereotipate, uno stile registico poco personale e un finale carente nel cercare di dare una chiusa corale.
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