Regia di Kwang-shik Kim vedi scheda film
La Corea del Sud sembra aver trovato gli ingredienti giusti per confezionare riuscite commedie a tinte romantiche tra personaggi conflittuali sin dai tempi di My Sassy Girl. My dear desperado si colloca proprio su questa scia, con una storia di (im)possibile amore tra due persone all’apparenza lontanissime che si ritrovano loro malgrado vicini di casa: un gangster perdente da poco uscito di prigione e una giovane ragazza venuta dalla campagna alla disperata ricerca di un lavoro stabile. Il contrasto tra i due personaggi produce innumerevoli situazioni comiche e l’esordiente Kim è bravo nel coinvolgere lo spettatore e farlo empatizzare sempre di più con i personaggi, mano a mano che le loro storie individuali andranno ad incrociarsi. Per quanto la trama sia piuttosto banale e gli sviluppi scontati, la pellicola coinvolge per tutta la sua durata e l’inno non certo nuovo a credere nelle proprie capacità e coltivare le aspirazioni individuali risulta comunque garbato. Più interessante però è la descrizione, realizzata sempre e comunque con leggerezza, degli inumani colloqui di lavoro che frustano le reali abilità degli aspiranti (problema notevolmente presente anche in Giappone) e la riflessione sull’apparente impossibilità di redimersi dalla “cattiva strada”, con un passato che torna sempre a chiedere il conto. Peccato che il regista sembri voler accontentare tutti gli spettatori e ad un finale coerente e significativo si sente in dovere di aggiungerne un altro, evitabile, consolatorio e fin troppo buonista.
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