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Terri

Regia di Azazel Jacobs vedi scheda film

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La recensione su Terri

di OGM
8 stelle

Terri è un ragazzone che vive da solo con lo zio gravemente malato, va a scuola in pigiama e cattura i topi con le trappole. Il preside della sua scuola, Mr. Fitzgerald, lo definisce goodhearted, ma Terri teme che quello sia, in realtà, un sinonimo di anormale, un pietoso eufemismo per indicare i freaks. A farglielo sospettare è il fatto che le stesse particolari attenzioni rivolte a lui sono dirette anche ad un ragazzo Down, ad un altro costretto sulla sedia a rotelle e a Chad, un adolescente irascibile che ha il vizio di strapparsi ciocche di capelli dalla testa. Secondo una sbrigativa classificazione, pur animata da nobili intenti, Terri viene così assimilato ai soggetti problematici, coloro a cui occorre prestare aiuto, fino a portarli alla guarigione.  Il suo caso dimostra però che disagio e disadattamento, che certi protocolli psicopedagogici usano inserire nel vasto calderone della diversità, non sono tratti caratteriali, né tantomeno malattie, bensì semplici componenti del destino individuale, che assegna ad ognuno le sue croci  e le sue debolezze. Terri vive in un’impenetrabile bolla di infelicità perché tale è la casa in cui abita, una costruzione isolata in mezzo al bosco, ingombra di oggetti e molto trascurata, in cui si trova a dover accudire un uomo non più autosufficiente. Al di sotto di quella sfortunata condizione, egli è simile a tutti i suoi coetanei, di cui condivide la natura fragile ed insicura, portata alla follia, alle stranezze, all’instabilità. L’adolescenza è quella fase della crescita in cui la potenza degli impulsi prevale sulla razionale esigenza di crearsi un’identità alla quale conformare le proprie scelte comportamentali. L’incapacità di Terri di vestirsi trasferisce, sul piano dell’aspetto esteriore, quell’incoscienza che impedisce ai ragazzi di dotarsi di un volto proprio, decoroso ed autonomo, costruito consapevolmente in funzione del loro autentico modo di essere: anziché indossare l’abito del  proprio io, spesso si lasciano trascinare dai modelli di massa e dalle abitudini del gruppo, fino a perdersi. Il condizionamento può funzionare anche al contrario, provocando un’automatica reazione di rifiuto verso tutto ciò che è comunemente considerato desiderabile, divertente, prestigioso. Questo atteggiamento di autoemarginazione è quello che caratterizza Terri, che si sottrae al sesso e si mostra indifferente ad ogni cosa, e tale si proclama apertamente se interrogato. Il ragazzo risponde in maniera sbagliata ad una situazione disgraziata; ma questo è un errore che commettiamo tutti. In tale frangente, gli va però riconosciuto il merito di non mentire, di essere sincero con se stesso e con la vita, di non fingere una gioia che non prova. È sempre meglio spogliarsi di tutto che coprirsi di ipocrisia: Mr. Fitzgerald, con le sue parole e la sua vicenda personale, insegna a Terri che la menzogna è deplorevole, benché spesso sia inevitabile, perché mantenere una condotta coerente non sempre si può, mentre conservare le apparenze è quasi sempre di vitale importanza. Questo film, con il suo andamento sommesso, privo di acuti ma cosparso di silenzi e di incomprensioni, porta alla luce la tristezza non come inclinazione poetica del dolore, bensì come la dura e fredda sostanza  che costituisce il fondo dell’esistenza: una base  che tutti cercano disperatamente di sommergere di illusioni, ma che Terri, invece, imparerà ad accettare come punto di partenza della propria avventura in questo mondo.  

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