Regia di Asger Leth vedi scheda film
Sam Worthington è un bravo ragazzo, 40 carati parla di un furto di diamanti. Alzi la mano chi avanza dubbi in merito alla ragionevolezza delle due affermazioni. Ecco, appunto. L’esordio di Asger Leth vorrebbe che entrambe le supposizioni attivassero le sinapsi dello spettatore, avviluppandolo nella tensione dell’attesa. Ribadire l’ovvio è un limite accessorio in un film che parte come un procedurale, prosegue come un thriller e ambisce all’heist movie. Perché Worthington, ovvero un ex poliziotto evaso dopo un’incriminazione per furto, minaccia di buttarsi dal 21esimo piano del Roosevelt Hotel? E ancora, per quale motivo chiede di parlare proprio con Elizabeth Banks, ossia la negoziatrice con la peggior reputazione della Grande Mela? Ma soprattutto, perché il Roosevelt Hotel, un tiro di schioppo dal caveau più blindato della City? Lo scopriremo nel giro di cinque minuti, e rivaluteremo in un sol colpo l’intreccio rosa di Speed e la suspense metropolitana di In linea con l’assassino. Quello che resta sono le forme della generosa (e frivolamente tosta) Genesis Rodriguez, fasciate di latex per scivolare nei condotti di aerazione; le schermaglie amorose della ragazza con il fidanzatino Jamie Bell, imbranato e romantico; la percezione - rassicurante e divertita - di trovarsi nella grande famiglia degli sfigati criminali organizzati. La ragione vera per cui restiamo a guardare questo film e i suoi mille precursori ed epigoni.
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