Regia di Christian Alvart vedi scheda film
E'il film che ha fatto notare il talentuoso Alvart in quel di Hollywood da cui fu poi cooptato per dare prove alterne di sè.Questa sua opera seconda che sbrigativamente può essere considerata come la risposta europea a Il silenzio degli innocenti di Demme in realtà mostra qualcosa d'altro che non appartiene al film americano(il quale tra le altre cose viene anche citato in uno dei primi dialoghi tra il poliziotto e il serial killer).In Antibodies il colpevole viene arrestato subito quindi non c'è la tensione di trovare l'assassino responsabile di omicidi insoluti.In realtà di omicidio apparentemente insoluto ce n'è uno solo ed è quella di una dodicenne che abitava in un paese di campagna.E l'unico poliziotto di questo paese chiede di colloquiare con il maniaco proprio per scoprire se è responsabile anche di quel crimine.Il confronto con il killer(carismatico pur se su una sedia a rotelle al contrario del poliziotto) è durissimo,una lotta serrata tra gatto e topo in cui a volte non è facile capire fino in fondo il gioco di ognuno.Comunque il poliziotto esce profondamente turbato da questi colloqui e noi condividamo con lui il suo smarrimento.Alvart riesce a garantire un certo equilibrio tra la spettacolarità e l'introspezione.Il cardine del film non è il killer come nel film di Demme ma stavolta è il poliziotto che è oltremodo turbato da una torbida situazione familiare(moglie che sembra più sua madre,suocero che lo tratta più o meno come uno zerbino,figli che non lo calcolano neanche) e da una marea di dubbi che lo attanaglia.C'è tensione in questa pellicola,c'è un discorso affatto banale sulla religione e sulla religiosità di ognuno,un continuo parallelismo tra Sacre Scritture e azioni mediate dalla formazione religiosa,c'è il senso della comunità chiusa sia mentalmente che concretamente a qualsiasi cosa sia esterna ad essa come una specie di retaggio medievale.Una tensione etico/religiosa che non traspare invece dal film di Demme.Il poliziotto è portato abilmente dal killer a trarre conclusioni inaspettate e forse dalle conseguenze inimmaginabili.Ma per vedere se sono vere o meno bisogna vedere il film fino all'ultima scena.L'opera seconda di Alvart pur convincente dal punto di vista visivo non appare esente da debolezze:alcune sottotrame vengono abbandonate senza spiegazione(tipo l'incontro con la commessa del negozio di abbigliamento o l'evoluzione del rapporto tra il poliziotto e la moglie,intriso di una bestialità aliena al loro legame ,soprattutto dopo gli incontri col serial killer),appare troppo sveglio il poliziotto di campagna rispetto ai suoi pompatissimi colleghi di città ,così come non appaiono sufficientemente approfonditi alcuni personaggi secondari.Però i protagonisti sono tratteggiati con cura estrema,la tensione viene assicurata praticamente fino all'ultima scena e anche la chiusura appare convincente(cosa che non è affatto scontata in film di questo genere).Il poliziotto col passare dei minuti sembra sprofondare nel baratro dei suoi dubbi che coinvolgono se stesso i suoi familiari ma Alvart è bravo a coprire la soluzione praticamente fino alla fine garantendo al film un crescendo di tensione che è veramente accattivante.Probabilmente quattro stelle sono troppe...ma purtroppo qui non esistono mezze misure.
regia di discreto impatto
piuttosto bravo
un serial killer carismatico
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