Regia di Ib Melchior vedi scheda film
Piccolo gioiello della sci-fi, notevole se non per la tecnica almeno per l'inventiva. Discretamente avvincente, ingenuo per certi aspetti. Merita decisamente una visione.
Ho trovato molto gradevole e inventiva questa pellicola poco nota e con attori praticamente sconosciuti (fatto salvo Preston Foster). Incuriosito dalla trama - mi son chiesto, chissà come hanno rappresentato il mondo del 2071 nel 1964? - mi sono approcciato a questo prodotto abbastanza datato che, come altri del genere, rivela una grande creatività in grado di sopperire alla povertà di mezzi tecnici. Le mirabolanti tecnologie del futuro, così, si rivelano presto come abili giochi di manipolazione fotografica, virtuosismi di prestidigitazione al montaggio che assolvono in pieno il compito di stupire lo spettatore, complice la suggestione scenica. La trama è essenziale, un'equipe di scienziati sperimenta una macchina del tempo e finisce per proiettarsi inavvertitamente nel 2071, anno in cui la Terra risulterà devastata da una catastrofe atomica con i pochi superstiti costretti a rifugiarsi in una montagna, per sfuggire alla minaccia rappresentata dai mutanti rimasti fuori. Poiché le risorse naturali vanno esaurendosi velocemente, gli stessi costruiscono un'astronave con cui colonizzare lo spazio. Inutile dire che tale astronave risulterà rappresentata da un modellino giocattolo abbastanza ingenuo. A rendere la pellicola interessante sono due fattori. Il primo sono i risvolti sociali, il contatto con una delle creature mutanti (un uomo indifeso e gravemente malformato) rivela la natura razzista - se non nazista - del gruppo di superstiti della montagna. Il contrasto tra gli abitanti del passato e quelli del futuro sarà impietoso, la natura umana si rivelerà come sempre egoista e xenofoba, pur nelle giustificazioni fornite dal contesto. Il secondo fattore è costituito dal finale (e qui, metto il disclaimer dello SPOILER) che affronta di petto uno dei paradossi dei viaggi del tempo, risolvendolo con una soluzione originalissima. Quando i protagonisti finiscono nel passato, nella stessa stanza in cui ci sono loro stessi 70 anni prima, si trovano confinati all'interno di una sorta di onda quantistica, il tempo per loro scorre lentissimo e viceversa, per i loro omologhi, loro si muovono a una velocità tale da non essere visibili che come impercettibili ombre. Non possono muovere gli oggetti, non possono toccare niente perché il loro corpo è accelerato a tal punto da esercitare una forza nulla sugli oggetti. La realtà in cui si muovono è, dunque, discretizzata, somma di una serie di elementi infinitesimali, e quando gli stessi attraversano il portale temporale, per evitare di morire nell'inedia di un presente semi-cristallizzato, entrano in una reiterazione infinita, ben rappresentata dalla sequenza crescente di fotogrammi che cominciano a sovrapporsi fino a sfumare nello sfarfallio del monitor su cui all'inizio visualizzavano il futuro, una chiusa perfetta. Stupisce non poco che una soluzione tanto geniale non sia stata ripresa da pellicole sullo stesso tema, a scapito di varianti più banali (e - mi si conceda il termine - inverosimili) che spesso contemplano direttamente una dignitosa elusione del problema.
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