Regia di Ken Kwapis vedi scheda film
Alaska, 1988. Intorno a tre balene da salvare, la giustificazione di un proverbio: «Il mondo è bello perché vario». Ci sono un reporter locale, una giornalista in carriera, l’esercito degli Stati Uniti al cospetto dell’arcaica comunità indigena, una militante di Greenpeace e un cinico petroliere, due liberi e goffi imprenditori che commerciano congegni antighiaccio per navi e una gargantuesca nave targata Unione Sovietica. La missione, che da improbabile diviene possibile: liberare dall’incombere del ghiaccio i cetacei, mentre nelle case milioni di spettatori assistono alla vicenda per scaldare di tenerezza animalista il proprio gelido inverno. L’ottusità sorridente e il rincoglionimento buonista del cinema per famiglie Made in Usa vanno in sciopero a corrente alternata, perché Kwapis & Co. non ci propinano 107 minuti di melassa compatta a sfondo ciecamente ecologista (a cui si giunge, non temete), ma nascondono dietro ai buoni sentimenti da smerciare al pubblico televisivo gli interessi privati, la ricerca ossessiva della pubblica virtù da parte di ogni buon samaritano sacrificato alla causa. E, a conti fatti, ci dicono qualcosa del mondo, qualcosa di scomodo che riguarda la realtà mediata contemporanea: la Grande Narrazione che aggrega gli opposti (disgelando anche la Guerra Fredda), la vicenda che unisce il mondo intero, è una variazione sul tema di Free Willy. Un amico da salvare. È questo il dramma di una storia vera.
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