Regia di Steven Soderbergh vedi scheda film
Nuova (ormai già datata vista la sua progressione inarrestabile) avventura cinematografica per il bulimico Steven Sodebergh (ma non doveva ritirarsi?) e ancora una volta un risultato spiazzante, nel senso che richiama un cast all star per poi optare su una scarnificazione generale (di racconto, ma anche di luoghi) che rende gli uomini più che altro complemento di una storia narrata con una circospezione esemplare.
Beth (Gwyneth Paltrow), dopo un viaggio di lavoro a Hong Kong, si sente male e muore praticamente davanti agli occhi di suo marito (Matt Damon).
E’ solo l’inizio di una vera e propria pandemia che colpisce la popolazione mondiale in maniera trasversale e che porta al collasso sociale, mentre varie equipe di specialisti lavorano per trovare una possibile soluzione, tra questi vi è il Dottor Ellis Cheever (Laurence Fishburne) ed una specialista dell’OMS (Marion Cotillard).
Bel film fin dalle primissime immagini, che subito si fissano sui dettagli che possono essere segno di trasmissione del virus, con un intervento di musica elettronica, colonna sonora straniante e soffocante firmata da Cliff Martinez, che cancella le parole per alcuni frangenti (e la cosa si ripeterà in un altro paio di circostanze) e subito una delle star principali (Gwyneth Paltrow) che diventa in pratica un corpo da saccheggiare (tra una morte in diretta ed un’autopsia).
Da qui prende campo un processo di progressione che allargando il tiro verso più orizzonti (famiglie, città, stati, nazioni) si inarca sulla psicologia umana, alternando aspetti legati al microcosmo personale ad altri più generalizzanti (anche i guru del web vengono scandagliati a tutto campo).
Un percorso netto che che probabilmente trova qualche inceppamento solo nella fase di degenerazione sociale (arrivati a quel punto è difficile pensare ad un ritorno ad una presunta normalità), mentre lungo il finale trova diverse forme di chiusura dei vari frangenti personali ed efficaci, qualora anche un po’ troppo buonisti (tra un ballo di fine anno casalingo, una fuga dal proprio mondo, mi riferisco al personaggio di Marion Cotillard, ed azioni di grande bontà d’animo), dando agli ultimi fotogrammi, il compito di fornire i dettami necessari per dare al tutto una spiegazione, in modo geometrico e spietatamente freddo, oltre che elementare (come se bastasse un niente per poterci ,mandare tutti al creatore).
In definitiva è un film fortemente drammatico che si dirama in una varietà sterminata di substrati senza mai scadere nel pacchiano o nell’esagerazione, a suo modo un esempio di film catastrofico del fisico e della mente, un’operazione che non è banale come poteva apparire e che non cerca certo forme rappresentative con lo scopo di piacere.
Circolare.
Mi è piaciuto molto il suo approccio al tipo di storia, ha gestito peraltro molto bene la coralità con tutti i vari pezzi che si muovono all'unisono.
Personaggio non trascendentale, ma interpretato con buon nerbo.
Presenza sempre illuminante seppur qui destinata a "perdersi" (ma non del tutto) tra i tanti prosceni.
Coraggiosa a farsi letteralmente vivisezionare.
Brava e matura (e non solo per l'età che comunque avanza).
Come sempre non è banale.
Partecipe.
Nei panni di un personaggio fuori dal coro risulta efficace.
Poco spazio per lui, ma si muove sempre con emblematica sicurezza.
Pienamente sufficiente.
Smanioso, ma senza strafare.
Sicuro.
Particina molto piccola, ma il suo volto lascia comunque una traccia.
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