Regia di George A. Romero vedi scheda film
George A. Romero è il teorico della possessione fantascientifica, dell’incidente che infrange l’equilibrio naturale, trasformando creature inoffensive in mostri: quest’idea, che costituisce un classico motivo del racconto horror, diventa, nella sua cinematografia, lo spunto per un’attenta analisi delle situazioni, che non trascura nessun aspetto della dimensione umana e, anzi, si diverte a sperimentare, con lo strumento narrativo, intorno alla psicologia della nostra specie. Il confronto col pericolo di genere sconosciuto e con nuovi esseri misteriosi diventa l’occasione per un interessante test comportamentale, collettivo (come ne La notte dei morti viventi) o individuale (come in questo film). In questa storia l’oggetto di studio è la persona in quanto insieme di ragione, sentimento ed istinto: una miscela di ingredienti sottoposti a continui travasi tra il cervello umano e quello di una scimmia, fino a produrre un potente scoppio di primitività intelligente. Intanto, sullo sfondo si disputa, quasi in sordina, il dibattito tra scienza buona e scienza cattiva, tra farmaci che salvano e farmaci che distruggono. In mezzo ai due estremi corre il sottile confine che separa il legittimo desiderio di conoscenza dalle perversioni della ricerca indiscriminata: un impervio crinale che, onde evitare rovinosi scivoloni, si può percorrere, nella realtà, solo con uno scrupoloso uso della coscienza, e, nella finzione, soltanto con l’arguta e raffinata levità dell’ironia.
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