Regia di Will Gluck vedi scheda film
Avvertenza: opinione semiseria, più semi che seria!
Cosa accade se in una vecchia Cinquecento degli Anni Sessanta montate il motore di un bolide di Formula Uno e la fate condurre da due assi della guida? Nella migliore delle ipotesi, la Cinquecento cade letteralmente a pezzi, lasciando per strada quel tanto di buono che era riuscita a fare nel corso degli anni.
Ora mettiamo che il motore sia il regista Will Gluck, osannato lo scorso anno per Easy Girl, che la Cinquecento sia lo script di Amici di letto e che i piloti siano Justin Timberlake e Mila Kunis. Si parte a 300 kilometri orari e si arriva a fine corsa con la noia di aver assistito a ciò che poteva essere e che invece non è stato.
Amici di letto, l’ennesimo progetto (è il terzo di quest’anno, fantasia portami via…) di commedia vietata ai minori (o vietata ai maggiori?) basata sul concetto di “scopamici”, nasce col presupposto di prendere in giro le commedie sentimentali del cinema, per intenderci – come dicono i protagonisti della storia – quelle interpretate da Katherine Heigl (piccolo inciso, se gli sceneggiatori avessero visto una puntata di Grey’s Anatomy, serie di cui la Heigl è una delle protagoniste, forse avrebbero potuto prendere spunti per una trama meno banale), ma del sarcasmo iniziale non rimane che un pugno di mosche, riducendosi a uno sciapo filmetto in cui amor vincit omnia. E anche lo stupido pubblico americano se n’è accorto.
A nulla servono le interpretazioni dei due protagonisti: lo slavato Justin Timberlake muove il bacino come meglio sa fare, ritornando ai tempi degli ‘NSync e le ragazzine si bagnan al solo pensiero, Mila Kunis sbatte le palpebre dei suoi occhioni da cigno nero e incanta anche senza proferir verbo, tenendo impegnata la bocca sotto le lenzuola. A quanto pare, mi si permetta l’annotazione, gli americani sono entrati in fissa con il sesso orale e la Kunis, per la seconda volta nel giro di poco tempo, si ritrova con le gambe aperte con qualcuno che ravana nelle sue intimità (fantasia portami via 2…).
Certo, si può anche dire da un punto di vista sociologico che la pellicola strizza l’occhio alle nuove generazioni di giovani. Almeno dicono… io mi ritrovo ancora col ghiaccio su un occhio dopo aver chiesto alla mia nuova spudorata amica di farmi un pompino senza complicazioni…
Ritorniamo alla storia: Jaime lavora (ora si dice così) come reclutatrice di personale e offre al giovane blogger Dylan il posto di direttore creativo del mensile cool GQ a New York. ‘Sta minchia! Funziona davvero così in America? Che qualcuno legga ciò che scriviamo su CineRepublic e ci offra un posto su Variety, io mi candido… Lui, losangelino convinto, accetta solo dopo aver visto com’è la Grande Mela, ma non quella solita dei cliché… No, quella dei pub sotto il ponte di Brooklyn, quella delle terrazze dei grattacieli di fronte all’Empire State Building e quella dei flash mob per le strade sempre affollate in cui tutti vanno di corsa (fantasia portami via 3…). In breve tempo diventano amici e, essendo entrambi da poco rimasti soli e con innumerevoli piccole paure (tranquilla Mila, i tuoi piedi non son brutti, ma tu… tu, Justin, non puoi ululare quando vieni, non sei credibile), sentono il richiamo della natura: hanno bisogno di svuotarsi il “Wiki” e, quindi, come se fosse la cosa più naturale sulla faccia della terra, scopano come ricci in tutti i luoghi, in tutti i modi e in tutti i laghi, senza che Valerio Scanu lo sappia, fino alla nausea. Complice l’arrivo di una madre hippie (fantasia portami via 4…), lei rinsavisce e decide di non concedergli più la sua patonza, anzi… rivuole l’amore e ricomincia a cercarlo.
Nel frattempo, è il giorno del ringraziamento e Dylan, rientrando a casa a Los Angeles per andar a trovare il padre malato di Alzheimer (avesse chiamato il James Franco delle Scimmie, avrebbe almeno risolto per un paio d’anni il problema… fantasia portami via 5…), si porta anche la scopamica che non gliela dà da tempo, rimasta sola proprio quel giorno. E zac! Il film crolla verso l’indefinibile…
Viva el amor, da sempre la nostra speranza… Ovviamente, il trionfo dei sentimenti e del miele non può essere così diretto, almeno una prova a passi di flashmob deve essere eseguita alla Central Station, se no come ricolleghiamo inizio, film e finta critica a tutti quei film che nella stazione newyorkese hanno trovato il loro happy end?
Sberleffo a parte, Amici di letto inizia bene: battute a raffica, sarcasmo pungente e sagacia tagliente. Si parla molto di sesso ma, a parte qualche fondoschiena, non vi è niente di scabroso. Si gioca con i piccoli dettagli inusuali (vedasi la scena in cui Dylan interrompe un atto sessuale per andar a far pipì con il cosino ancora eretto… e chi è maschio sa cosa vuol dire centrare la tazza del cesso in quelle condizioni), si costruiscono personaggi eccellenti, come il giornalista gay (fantasia portami via 6…) interpretato da Woody Harrelson, amante dei “veri cazzi e non di quelli di New York” (ipse dixit), mai sopra le righe e maschio nella sua “frociaggine” (visto in originale, non so che danni provocherà il doppiaggio italiano), o come la madre hippie della Kunis, psicopatica e più scopamica della figlia stessa (simpatico il siparietto continuo in cui si rimanda alle sconosciute origini del padre di Jaime, ora sudamericano, ora asiatico, ora europeo) con una performance eccellente di Patricia Clarkson. Irritante invece la scelta di ridicolizzare il padre di Dylan (interpretato da Richard Jenkins) e il morbo di Alzheimer (farlo girare in mutande non è politicamente corretto, suvvia…), invisibile la povera Jenna Elfman, da omicidio il nipotino mago di Dylan e i suoi giochi di prestigio del piffero.
Certo. I parrucconi vi diranno che c’è il delicato rapporto padre e figlio, l’insicurezza di una generazione incapace di gestire i propri sentimenti, la destrutturazione del cinema mainstream visibile nella scena girata sulla “O” della scritta “HOLLYWOOD” (“O” come “’o buc’ nell’acqua”, per essere elegante), la sempre esistente rivalità tra New York e Los Angeles (tipo Palermo e Catania, Pisa e Livorno… ci facciamo un film?), il rapporto tra i figli e i genitori con i primi che vivono nel timore di divenire come i secondi… ma sono gli stessi parrucconi che dicono di ascoltare Chopin e poi li vedi ai disco party a ballare sulle note d Lady Gaga.
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