Regia di Varo Venturi vedi scheda film
Inutile cercare di attualizzarla: la fantascienza è, per tradizione, la guerra contro gli alieni. Surrealismo ed ingenuità sono connaturati al genere, la cui essenza risiede nell’incredibile, ossia in ciò che non si può credere. Ricordiamo che tutto nasce con i romanzi ed i fumetti, con i mostri dettagliatamente descritti o accuratamente disegnati: l’inesistente dà vita ad una favola, che deve possedere tutti i requisiti per essere raccontata e immaginata. Le attuali derive cinematografiche verso l’inenarrabile sono solo una sofisticata gemmazione intellettuale di ciò che, in origine, era fondamentalmente un modo fantasioso di ampliare il creato, il regno degli esservi viventi e l’universo dei pianeti. Varo Venturi ritorna alle radici con un film dall’atmosfera underground, dotato delle ombreggiature gotiche di una graphic novel dell’orrore. L’angoscia si fa caricatura, chiaroscuro artistico, stilizzazione grottesca del male. La riedizione contemporanea del faustiano patto col diavolo (l’anima di una ragazza in cambio della cura contro il morbo di Alzheimer, di cui soffre la madre del protagonista) si tinge di un esoterismo nostrano, abbracciando tutti i più classici misteri d’Italia, dai preti esorcisti ai servizi segreti deviati, in una caccia ai fantasmi che passa attraverso la sperimentazione di sostanze psicotrope e la pirateria informatica. La visionarietà antica dei miti sumerici, delle profezie evangeliche, della magia divinatoria dei gitani producono una psichedelica mescolanza di suggestioni sinistre, eppure saldamente ancorate alla ricerca della verità e della salvezza. In questa avventura noir cucinata in casa, un’energia giovane si scatena in radiofrequenze sotto l’occhio vigile dei soliti poteri occulti, politici, militari, religiosi; però questa volta il campo d’azione si estende oltre i confini della Terra. Il professore di biochimica Davide Piso sfida un gigante Golia che, più che un colosso multinazionale, è un’entità extradimensionale. La lotta è esageratamente impari, e questa sproporzione allucinata si tramuta in una straniante metafora dell’impotenza dell’uomo comune rispetto alle grandi trame della Storia. L’individuo è unico, irripetibile ed infinitamente prezioso come fonte di pensieri e desideri, ma è del tutto indifeso di fronte a chi vuole impossessarsi della sua mente, per condizionarne i gusti e le idee a proprio esclusivo vantaggio. Davide è l’avanguardia di una brigata della gente qualunque che si ribella, con tanto ingegno e poveri mezzi, all’autorità oppressiva di un governo superiore, un grande capo che con un ghigno di scherno ed un forte accento americano, gli si rivolge, beffardo, dicendo: You know, doc? Noi troviamo sempre nuovi posti nella testa, dove nasconderci. La vittoria contro gli invasori parassiti e succhiatori è l’utopia che, nel composto contesto britannico alla George Orwell, rimane imprigionata in un disciplinato pessimismo, mentre, dalle nostre parti, genera il consueto pasticciaccio in cui convergono, da opposti versanti, il malcostume e l’arte di arrangiarsi. Questo film, in fondo, è una convulsa ed approssimativa romanticheria, che adotta il profilo frastagliato dell’estetica techno per sottolineare la frenesia dell’essere umano in un mondo pieno di stimoli incontrollabili e paradossi insolubili. In 6 giorni sulla Terra la stravaganza è un sogno alternativo, condito col ruspante tono sopra le righe di uno spettacolo di teatro amatoriale; maschere e copione sembrano in balia di mani inesperte, però impegnate con tutto il cuore nello sforzo di spiegare il dramma, i caratteri dei personaggi ed i loro ruoli. Anima, tu che puoi, vai nel futuro, vai a vedere come finirà. Una declamazione didascalica. Che riassume tutta l’inquietudine di questo piccolo, compassionevole popolo terrestre.
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