Regia di Tomas Alfredson vedi scheda film
Un meccanismo narrativo perfetto. "La Talpa" è senza dubbio uno dei migliori film della scorsa stagione, uno splendido capitolo di cinema che guarda intelligentemente al passato giocandosi la carta dell'impianto antispettacolare nonché ulteriore conferma che Tomas Alfredson sia un "director" dal quale aspettarsi grandi cose. Tratto dall'omonimo romanzo di Le Carré, il film si muove elegantemente e sapientemente fra le macchinazioni ed i machiavellici complotti della più spietata guerra fredda, quella nella quale rimangono invischiati anche i servizi segreti inglesi, ignare pedine di un piano più grande. Quale sia il fulcro della pellicola lo si intuisce sin dal titolo, la caccia all'infiltrato russo non è poi materiale così originale ma a renderlo speciale, in questo caso, è la (ri)costruzione della caccia, fatta da rimandi e flashback, di piccoli dettagli e diversi punti di vista che puntualmente smentiscono possibili convinzioni ed intuizioni. Cinema di sceneggiatura e di recitazione in cui l'azione non è altro che un piccolo riempitivo, a contare qui è la tensione, il dubbio che costantemente viene instillato nella mente dello spettatore. Uno splendido viaggio indietro nel tempo, sia per l'impeccabile ambientazione seventies, sia per l'intento nostalgico d'intrattenere in primis attraverso la parola. Operazione coraggiosa e pienamente riuscita che ci restituisce un'idea di cinema ricolma di fascino e suggestioni, impietosa nella sua radice politica e cinicamente umanista nel gestire la sorte dei propri personaggi. Vintage per scelta e per cifra stilistica, con fotografia, costumi e scenografie impagabili così come le caratterizzazioni di uno dei migliori cast mai messi assieme nel Regno Unito. Se ad Alfredson riconosciamo quindi il merito assoluto di aver saputo dirigere con gusto e fermezza cotanto materiale, ci si sente quasi in debito a pensare che questo suo film annoveri anche una delle più grandi interpretazioni del 2011, ad opera di un interprete fuori dal comune che già da troppo tempo mancava dal grande schermo con un ruolo da protagonista alla sua altezza. Bentornato Gary Oldman, il tuo Smiley è già parte integrante della storia della settima arte.
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