Regia di Tomas Alfredson vedi scheda film
Le Carré spoglia la spy-story di ogni romanticismo e mitizzazione. La sue spie sono individui grigi, pieni di debolezze umane; la linea d’ombra, i colori sfumati del mondo in cui si muovono, finiscono per ammantare il loro animo. Alfredson rende splendidamente questi caratteri, conferisce loro delle maschere sofferte, consumate da fumo, alcol, sospetto e guerra fredda. I burattini del Grande Gioco si muovono tra Londra, Budapest e l’Unione Sovietica in un’atmosfera pesante, permeata da colori autunnali. La partita a scacchi che si gioca tra Smiley e Karla, il suo corrispettivo sovietico, muove pezzi chiamati Stagnino, Sarto, Soldato, Povero, Spia. Uno di loro è la talpa al soldo sovietico all’interno del MI6 e Controllo ha messo tra loro anche Smiley. Perché niente è quel che sembra e il sospetto porta a dubitare anche degli uomini più fidati. Ma il sentimento non ha abbandonato del tutto questi uomini corrosi dal dubbio. L’amore e l’amicizia, pur defraudati, sopravvivono.
Nei personaggi più sensibili, si avverte una sorta di incedere dolente, una malinconia nello sguardo di chi ormai si muove guidato da un fato ineluttabile. La festa di Natale, ricorrente nei ricordi dei protagonisti, ritrae personaggi tristi, svuotati nell’animo perché Smiley, Karla, Controllo, tutti quanti, della scacchiera sono soltanto pedine. Loro non conducono la partita, è il Grande Gioco che si fa gioco di loro e il freddo della guerra ha ormai gelato i loro cuori.
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