Regia di Tomas Alfredson vedi scheda film
I tre romanzi con Smiley per protagonista sono conosciuti come la "trilogia di Karla",e sono considerati tra i migliori usciti dalla penna di John LeCarrè,creatore di bestsellers spionistici come Ian Fleming,ma agli antipodi,come risaputo,dallo stile e dalle ambientazioni dell'inventore di 007:da noi la traduzione di "Tinker,Tailor,Soldier,Spy",romanzo uscito nel 1974,divenne "La talpa",ed ebbe gran successo l'omonimo sceneggiato trasmesso nell'80 con Alec Guinness nei panni del dolente funzionario del controspionaggio che deve smascherare,tra gli amici e colleghi,colui che lavora in realtà per il KGB. Ne è stata fatta ora una versione per il cinema con un cast di alto livello,assegnata allo svedese Tomas Alfredson,che aveva raccolto consensi ampi con "Lasciami entrare",ed in effetti era adattissimo per realizzare in immagini questa sceneggiatura.Tra le cose che colpiscono maggiormente de "La talpa",versione 2011,oltre ad una conduzione attoriale che trae fuori il meglio dagli intepreti e in chiave di misunderstatement ne cava emozioni e reazioni forti,è l'ambientazione negli anni Settanta,diversa da quella che solitamente si capta nei film americani,più avvezzi a dare toni sgargianti e "sparati" a quell'epoca:questo 1973 è muffoso,grigio,i colori smorti ed i vestiti ordinari,la cena natalizia dei vertici del controspionaggio britannico con apice in un Babbo Natale con maschera di Lenin e l'inno russo cantato sarcasticamente da tutti i convitati non è lontana dalle cene sociali viste in "Fantozzi". Le violenze lasciate fuori campo,con le conseguenze esposte,commentano drammaticamente la Gran Tragedia del Potere tra le due superpotenze,e uomini che commissionano o compiono delitti atroci sono infine esseri umani comunque vulnerabili nei sentimenti:l'unica cosa che li ferisce o li rende deboli,fa crollare il loro mondo o barcollare il loro sentire è la comparsa dell'Amore.Così come nel film vampirico che l'ha preceduto,il re dei sentimenti nel cinema di Alfredson è lo sconvolgimento di tutto,il suo stile non ha fretta,alla Eastwood trova il proprio ritmo al proprio interno,sapendo distribuire colpi di scena e crescita della tensione.Dopo anni da comprimario di lusso,finalmente Gary Oldman torna protagonista,cresciuto se possibile nella gestione di sè:gli basta mutare uno sguardo per descrivere un pensiero o un cambiamento d'umore del proprio personaggio,fragile e spietato,protervo e amaro.Intorno tutti bravi,con un applauso in più per quell'attore spigoloso e senza paura di concedersi a ruoli negativi quale sta risultando Mark Strong.
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