Regia di Shunji Iwai vedi scheda film
Undo è l'esordio su grande schermo di Shunji Iwai dopo qualche lavoro su piccolo schermo. Un mediometraggio a tinte fosche, di bassissimo costo, girato quasi tutto in interni( anzi quasi tutto in un interno) in cui si narra una storia d'amore e di disagio mentale, tema poi ripreso da Iwai anche nel successivo Picnic.
Yukio, sapendo dell'amore per gli animali della sua convivente Moemi e non potendo avere in casa cani o gatti, un giorno le riporta due tartarughe d'acqua. Col trapano a una delle due fa un buco nel carapace per poterci far passare una corda e portarla a spasso( povera tartaruga seviziata) e mentre si sta apprestando a fare lo stesso lavoro per l'altra, Moemi lo ferma dicendole che quella è la tartaruga da casa. La portano anche a spasso quella povera tartaruga, la portano al mare ma vuoi mettere avere intorno un bel cagnone che corre e abbaia felice?
Tornano a casa un minimo turbati e da qui in avanti la situazione precipita. Moemi comincia a legare e ad avvolgere nella corda tutto quello che trova:le proprie mani nella lana dell'uncinetto, la frutta, i libri,arriva a far passare corde per tutta casa. Yukio la fa visitare a uno specialista che le diagnostica un disturbo ossessivo compulsivo per cui lei deve annodare tutto. L'appartamento diventerà sempre più il teatro del lento ma inesorabile scivolamento nella pazzia di lei. Moemi vuol legare ancora di più a sè Yukio con questi nodi ma la compulsività di questo gesto contribuisce solo ad allontanarlo da lei. Yukio da partner sentimentale si trasforma in una sorta di infermiere che cerca di capire quale sia la cura migliore.
La claustrofobia dell'appartamento è interrotta, per modo di dire, solo da occasionali sortite ospedaliere in cui il quadro clinico si fa sempre più chiaro. E'una malattia legata all'eccesso d'amore
Ma nè Yukio,nè i medici possono curarla.
Dal colore caldo della primavera e dell'estate si passerà al bianco asettico di corde che formeranno una ragnatela inestricabile in cui rimanere avvinghiati. Però per lei come in un gioco senza fine non è mai abbastanza: continua a chiedere chiede a Yukio di essere legata ancora meglio.
Iwai sembra dirci che il destino di ognuno è comunque la solitudine in questo melodramma amoroso triste e lancinante. La felicità che si toccava con mano all'inizio gradualmente assume tinte sempre più fosche, la claustrofobia diventa dominante e con essa avanza l'inquietudine. La visualizzazione di questo appartamento attraversato da corde legate per ogni dove a formare una gigantesca tela di ragno è visivamente disturbante,così come il finale.
Yukio non riesce, forse non riuscirà mai a legare in maniera veramente efficace Moemi....
emerge già il gusto per l'inquadratura
notevole
eccellente
nella parte dello pischiatra non può sicuramente eccellere...
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