Picnic, Shunji Iwai, 1996 (ma realizzato nel 1994).
L'ardimentoso Shunji Iwai dopo essersi laureato all'Università nazionale di Yokohama nel 1987 inizia subito a dirigere alcuni video musicali, programmi per la televisione e spot pubblicitari ottenendo presto una certa notorietà nel settore grazie al suo particolare approccio visivo.
Il giovane nativo di Sendai tuttavia ama la molteplicità e dunque si dedica anche al cinema, partendo con due mediometraggi indipendenti: Undo ed il nostro Picnic.
Shunji Iwai già in Undo affronta il disagio mentale, mediante un melodramma cupo per nulla edulcorato, ma con Picnic decide di alzare notevolmente l'asticella presentando una serie di stilemi che da li a poco andranno a formare una poetica stilistica eterogenea abbastanza unica/personale.
Nei primissimi minuti l'autore nipponico imbastisce un discorso semi-documentaristico mostrandoci gli orrori perpetrati in un istituto di igiene mentale decadente e lurido: la camera a spalla spasmodica che immortala la brutalità degli infermieri impegnati ad "accogliere" la protagonista (Chara) non lascia presumere nulla di buono, il tutto confermato dall'inquadratura successiva al di là dell'inferiate (effetto cornice che allude alla privazione della libertà della giovane) atta ad osservare una malinconica ragazza (la stessa di prima) dallo sguardo perso nel vuoto (ottimo anche il piano sequenza iniziale con camera ad altezza "marciapiede").
Passano pochi minuti ed Iwai, oltre a lavorare con una simbologia raffinata e tagliente (dall'immagine del corvo al vangelo), si insinua nella mente di altro soggetto (un sempre meraviglioso (Tadanobu Asano) pronto a materializzare le sue più oscure paure mediante immagini altamente grottesche e orrorifiche, vicine ad una certa estetica alla Takashi Miike ma con una cattiveria di fondo tipica di un Sono Sion (dico solo insegnante deforme e mutilato intento ad urinare di fronte al suo ex studente; lo sfortunato ragazzo subirà altresì uno stupro da parte di una dottoressa).
Shunji Iwai non è ancora contento, pertanto fa deragliare nuovamente il suo progetto incanalando sui lidi del road movie; road movie atipico e bizzarro con tre Internati che decidono di esplorare il mondo (chiaro l'attacco del registe alle strutture di igiene mentale) senza mai scendere dai muretti disseminati per le strade di Tokyo (qui largo uso di camera a spalla e oblique dal basso).
A questo punto surrealismo, ironia e poesia malinconia si amalgamano magicamente regalandoci un viaggio unico difficilmente dimenticabile...
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