Regia di Andrew Niccol vedi scheda film
La riappropriazione del tempo
Convincente questo film di fantascienza, perché incarna nella narrazione dei fatti una visione del mondo in cui sfruttamento dell’uomo e del suo tempo cavalcano iperbolicamente la feroce critica ad uno sfrenato e cinico capitalismo finanziaro, nel quale pochi sono i beneficiari di una ricchezza che nasce dall’annichilimento di tanti.
Regista e sceneggiatore è Andrew Niccol (Gattaca, S1m0ne), che ambienta la trama in un ipotetico anno 2169 nel quale tutti gli esseri umani sono programmati per vivere serenamente fino a 25 anni: da quella data in poi si ferma il loro invecchiamento fisico ma scatta un orologio biologico, marcato sul braccio con icone digitali, che va continuamente ricaricato come “tempo di vita residua”, ottenuto tramite lavoro sottopagato o con attività criminali.
Tutto, dal cibo fino ai trasporti, si paga cedendo parte del proprio tempo di vita residuo, con l’inconveniente che i costi della vita aumentano e i salari diminuiscono progressivamente, schiacciando inesorabilmente le vite umane e costringendole prima o poi alla morte... con l’eccezione di una casta di ricchi possessori del bene prezioso, che possono vivere praticamente in eterno.
Chi prova a smontare questo meccanismo è Will Salas (il pluri-artista Justin Timberlake), potenziale Robin Hood del 22esimo secolo, che vive in un “ghetto” sociale con la bella madre cinquantenne Rachel (Olivia Wilde).
Will salva per caso generosamente uno strano individuo, Henry Hamilton (Matt Bomer), che sta sperperando in un bar i propri 116 anni offrendo da bere a tutti, stanco della sua inutile vita, su cui hanno posato gli occhi i “Minutemen”, una banda di criminali dedita a depredare del bene temporale le persone indifese: Henry, colpito dalla generosità e dall’altruismo di Will, dopo aver tarscorso la notte al riparo, gli lascia silenziosamente in regalo i suoi anni e sparisce.
Will, turbato per l’accaduto e per la sopravvenuta scomparsa della madre, decide di avventurarsi a New Greenwich, la zona dei capitalisti, sfidando dapprima a poker al Casinò il ricco signor Weis (Vincent Kartheiser) e vincendo altri 800 anni; fuggendo poi con la sua irrequieta e ribelle figlia Sylvia (Amanda Seyfried) quando il Guardiano del Tempo Raymond Leon (Cillian Murphy) lo raggiungerà ad una sontuosa festa in casa Weis, accusandolo di aver rubato gli anni di Hamilton.
E’ da là che inizia una tumultuosa fuga di Will e Sylvia, già presi l’uno per l’altra, tra inseguimenti, nascondigli, furti, pestaggi e rapine colossali alle banche del tempo.
Sylvia, trascinata nel ghetto da Will, prende progressivamente coscienza della sua vita ovattata ed apre gli occhi sulla sua condizione di privilegiata e sulla anormalità della apatica vita eterna sua e dei suoi simili: i due riescono a rubare un milione di anni distribuendoli alla gente del posto in modo da scardinare l’odioso sistema di asservimento e progettando oltretutto imprese ancora più ambiziose.
La trama ha delle intuizioni originali, il pathos è sempre presente nonostante alcune ingenuità stilistiche ed inevitabili lungaggini del plot. Forse qualche arricchimento scenografico, anche sotto il profilo dell'ambientazione futuristica, avrebbe ulteriormente sorretto la storia, ma magari con il rischio di spingere troppo sulla spettacolarizzazione.
Riuscita la recitazione dei protagonisti, su cui si regge il grosso del film, in cui spiccano ovviamente il cupo Will, la seducente Sylvia e l’implacabile Leon (che ammicca col suo look all’immaginifico di Matrix) in un contesto nel quale è la interazione dei ruoli a contribuire alla buona coesione narrativa.
Il messaggio veicolato, che accompagna il film dall'inizio fino alla sua conclusione, trasuda di senso di oppressione, ingiustizia e malinconia e viene resa emotivamete percepibile l'incapacità dell’uomo comune di riappropriarsi del proprio vivere, quando un invalicabile meccanismo di asservimento si sublima nella tagliola temporale, che da un lato appare come anelito ed illusione di eternità e dall’altro si manifesta come il peggior strumento di furto delle integrità umane.
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