Regia di Andrew Niccol vedi scheda film
La premessa narrativa viene esposta già sui titoli di testa: le persone invecchiano fino a raggiungere l’età biologica di 25 anni, poi scatta un conto alla rovescia di un anno scandito da un display tatuato sul braccio; il tempo è una moneta di scambio con la quale si compra qualunque cosa; i ricchi vivono di fatto per sempre, i poveri sopravvivono alla giornata in senso drammaticamente letterale (per la strada ci si imbatte nei cadaveri di quelli il cui tempo si è azzerato); ma un giorno un immortale decide di morire e regala un secolo a un peone qualunque, e da quel momento tutto comincia a cambiare. Niccol continua a non sbagliare un colpo, ossia a mostrare che la sua presunta fantascienza è solo una leggera forzatura di meccanismi già ben presenti nella nostra società: una finta democrazia in cui la situazione resta sempre la stessa, a prescindere dai risultati delle elezioni; tutto il potere in mano a un’oligarchia capitalista, la cui ricchezza è basata sullo sfruttamento indiscriminato della forza lavoro; barriere impalpabili ma solidissime che dividono i quartieri alti dai ghetti; poliziotti mal pagati che fanno i cani da guardia del sistema. Una riflessione filosofica che spazia dal Seneca delle Lettere a Lucilio (101, 10 “Considera i singoli giorni come se fossero singole vite”) al Leopardi del Dialogo di un fisico e di un metafisico (“la vita felice saria bene senza fallo; ma come felice, non come vita”). Più convenzionale la seconda parte, che ripropone lo schema “simpatico avventuriero + ereditiera superciliosa on the road” brevettato da Capra in Accadde una notte; e la coppia Timberlake-Seyfried, anche a prescindere dalle modeste capacità recitative, non sembra molto ben assortita. Finale forse troppo ottimista, ma almeno al cinema è lecito immaginarsi una rivoluzione possibile.
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