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In Time

Regia di Andrew Niccol vedi scheda film

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La recensione su In Time

di chinaski
6 stelle

In un periodo di crisi economica e finanziaria è lecito pensare (immaginare?) una società dalla quale venga abolito il denaro a favore di un nuovo equilibrio sociale e soprattutto umano. Nel futuro raccontato da Andrew Niccol ci troviamo in un mondo senza denaro dove il tempo stesso si è trasformato in moneta. L’affitto costa due settimane della tua vita. Un biglietto per l’autobus, un’ora.

La visione di Niccol è ancora più pessimista della realtà in cui viviamo ma ne è anche lo specchio fedele. Per lo meno, da noi, se finiscono i soldi rimane sempre la nostra vita, nel futuro di In Time se finisce il tempo a tua disposizione, semplicemente, muori.

L’ordine sociale è uguale al nostro. I poveri, gli operai, il proletariato sono costretti  al lavoro per guadagnarsi tempo per vivere, l’aumento dei prezzi delle cose li trattiene, quindi, in uno stato di schiavitù. I ricchi se la prendono comoda perché hanno ingenti quantità di tempo a loro disposizione. Il mondo è popolato da giovani, infatti a partire dal venticinquesimo anno di età scatta l’orologio che uomini e donne portano tatuato con cifre luminose sul braccio. Il corpo smette di invecchiare, ma se non si guadagna tempo, si muore.

I due protagonisti della storia, interpretati da Justine Timberlake e Amanda Seyfried, si trasformano velocemente in emuli di Bonnie e Clyde e rapinano banche (del tempo) per dare una speranza di vita migliore ai poveri dei ghetti, ai quali ridistribuiscono le ricchezze rubate. Il plot si sviluppa in maniera lineare, sfruttando elementi della fantascienza politica e il ritmo narrativo dell’action movie, Niccol è interessato ad un futuro facilmente riconoscibile, nel quale inserisce elementi decò (le macchine, gli edifici, i vestiti), limitando al massimo la presenza della tecnologia nella vita delle persone. Nel ghetto, infatti, si telefona ancora da una cabina pubblica.

La società che osserviamo sullo schermo è identica alla nostra, nei suoi meccanismi. I grandi capitalisti schiacciano il proletariato o quello che ne resta, il tempo diventa sempre più prezioso, in quanto bene di consumo o di scambio; c’è chi ruba, chi accumula e chi crepa. C’è anche chi si oppone, individualmente, all’ordine delle cose. E se le masse si accontentano della carità, senza riappropriarsi di ciò che gli appartiene e giornalmente gli viene rubato, significa che il tempo della rivoluzione, purtroppo, ancora non è arrivato.

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