Regia di André de Toth vedi scheda film
Nel tredicesimo secolo i mongoli invadono la Polonia; Re Stefano di Cracovia, cinto d’assedio, tenta di trattare con Gengis Khan, ma dovrà vedersela con il suo spietato figlio Ogodai.
Fra i tanti titoli di genere storico/mitologico che in quegli anni scorrevano sul grande schermo nostrano, I mongoli appartiene alle zone alte della classifica. Sia per il buon budget a disposizione, come è evidente dall’utilizzo di comparse in quantità, scenografie e costumi di accettabile livello e dalla confezione ben curata, sia per il cast che annovera attori del calibro di Jack Palance, Antonella Lualdi, Pierre Cressoy, Gianni Garko, Roldano Lupi, ma soprattutto Anita Ekberg, in quel momento vera e propria diva dopo l’exploit de La dolce vita (1960). Una coproduzione italofrancese stanzia le riprese in Serbia (anzi, nell’allora Jugoslavia) e mette il progetto in mano al regista americano di origine ungherese Andrè De Toth, che come nel precedente Morgan il pirata (1961, Primo Zeglio) e nel successivo Oro per i cesari (1963, Riccardo Freda) si limita alla supervisione del lavoro, mentre il vero regista del film – accreditato anche nei titoli di testa come tale – è qui Leopoldo Savona, con l’aiuto di Riccardo Freda per le scene di massa (anch’egli citato correttamente). Il ritmo c’è, la tensione non è altissima, l’azione è ben diretta e la ricostruzione storica è abbastanza attendibile: per i tempi e per il tipo di prodotto il risultato è sicuramente positivo. Sceneggiatura di Ugo Guerra, Alessandro Ferraù, Ottavio Alessi e Luciano Martino; nel fondamentale Il grande libro di Ercole, Steve Della Casa e Marco Giusti ricordano la reciproca antipatia sul set fra Palance e la Ekberg. 4/10.
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