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Il cuore grande delle ragazze

Regia di Pupi Avati vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Il cuore grande delle ragazze

di alan smithee
6 stelle

Negli anni ’80 e ’90 Pupi Avati e’ stato uno tra i miei registi preferiti, grazie ad opere genuine e vitali come Una gita scolastica, Festa di laurea, Storia di ragazze e ragazzi, Magnificat, il recente Il papa di Giovanna, fino a Regalo di Natale (e il suo bel seguito - La rivincita di Natale), l’opera a mio avviso piu’ complessa, sagace e perfida dell’autore.
Nell’ultimo decennio, e forse anche un po’ prima (da Festival, del '96 con un inconsueto Boldi in avanti, sempre piu' frequentemente con titoli tipo Il testimone dello sposo, Il cuore altrove, fino ai piu' recenti Il nascondiglio, Gli amici del bar Margherita, Una sconfinata giovinezza ) Avati, colto probabilmente da un ansia di produttivita’ e da un fremito narrativo e registico davvero incontenibile, ha diretto una media di oltre un film all’anno, ma con risultati spesso al di sotto della media a cui ci aveva abituato in precedenza. Questa ultima sua opera, in concorso a Roma 2011, purtroppo appartiene a questa ultima accennata tendenza.
Storie di memorie e di famiglia, vecchi nostalgici album fotografici dell’Italia di provincia che fu, vita contadina e borghese a confronto tra piccolezze, cattiverie, tic e usanze che mettono in luce il lato vero, genuino e spesso maldestro della vera societa’ che ci ha preceduto. L’ambientazione come sempre in Avati e’ perfetta, minuziosamente ricostruita in ogni piu’ piccolo dettaglio; i personaggi ci sono, anche se forse un po’ sottotono: spiccano piu’ le figure di contorno (un misurato e maturo Andrea Roncato padre dello sposo e un sempre eccellente Gianni Cavina, patrigno della sposa) che quelle vagamente sfocate dei due promessi e sfortunati coniugi, con una Ramazzotti un po’ sempre uguale al suo personaggio di ciociara ignorantella ma di cuore, e un Cremonini mandrillo un po’ troppo trattenuto e preso per le briglie. Quello che viene a mancare e’ dunque un po’ la storia, il racconto vero, che spesso latita e si perde nelle premesse di un macchiettismo della miriade di pur azzeccati personaggi minori, tra fratelli piccoli colti, sorelle con latenti immaturita’ fisiologiche, figlie bruttarelle da maritare al piu’ presto, zii resi impotenti dalla guerra con mogli straniere dal discusso passato. Tanta confezione per una storia di matrimonio, difficile a farsi e a mantenersi, davvero un po’ fragile, che evapora come l’alito al biancospino dello stralunato irresponsabile protagonista.

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