Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Roman Polanski è un abile stratega di giochi al massacro e gli spazi ristretti come questo gli si addicono parecchio data la sua abilità nel far risaltare i caratteri e le contraddizioni dei personaggi che “movimenta” anche se poi il “giochetto” appare parzialmente un po’ troppo tirato per le lunghe (d’altronde altrimenti non sarebbe stato possibile far saltare fuori un lungometraggio).
A causa di una colluttazione tra due adolescenti, i quattro genitori (Jodie Foster, John C. Reilly, Kate Winslet e Christoph Waltz) si ritrovano un pomeriggio per stabilire che azioni intraprendere per sanare la diatriba.
All’inizio tutto pare svolgersi in maniera civile, ma ben presto gli attriti prenderanno il sopravvento a tutto campo.
Roman Polanski ci fa vedere (senza sconti) quanto sappiamo/possiamo essere falsi e bigotti, così le cortesie iniziali che aprono, ma sempre sottilmente, il film, più formali che altro, lasciano presto lo spazio a screzi che toccano diverse coalizioni ad alleanze tra i partecipanti che si frantumano con la stessa velocità con la quale si creano.
Scontri tra famiglie, ideali che non resistono oltre la carta, accuse frontali e risentimenti persistenti, e poi la “carneficina” psicologica che si sposta tra uomini da una parte e donne dall’altra sempre sul filo teso di un equilibrio che più precario non si può.
Per rendere tutto questo più intrigante ovviamente assumono un peso rilevante i quattro interpreti con tre cavalli di razza purissima e riconosciuta più un quarto, John C. Reilly, che comunque sa reggere il confronto, per un duello verbale da fuoco e fiamme.
Poi rimane il fatto che il film soffra un po’ della sua stessa natura poco cinematografica ed anche i vari saluti che vengono spesso superati da una nuova offerta di caffè e confronto appaiono a volte un po’ troppo forzati.
Allo stesso tempo però i 75 minuti scorrono inesorabili, a parte appunto alcuni passaggi di raccordo, e la dialettica, accompagnata da una direzione precisa e ricca di particolari posti sotto la lente d’ingrandimento, così come una recitazione incalzante, prende il sopravvento.
Veritiero (perché “noi” siamo così) e disturbante (perché ci fa male vederlo ed ammetterlo).
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