Regia di Roman Polanski vedi scheda film
Polanski è ancora vivo e lotta insieme a noi, lo dice uno che era rimasto al più che deludente Luna di fiele. Paradossalmente, può avergli fatto bene, dal punto di vista artistico, lo choc dell'arresto legato alla vicenda risalente alla metà degli anni Settanta e ad un rapporto sessuale, originariamente qualificato con l'accusa di stupro, nei confronti di una minorenne.
Qui il regista prende spunto da un testo teatrale, del quale si avverte ancora qualche marchingegno, riuscendo comunque a farlo diventare vera e propria opera cinematografica.
Il tema mi sembra che sia l'inesorabile ipocrisia di quella che uno dei personaggi definisce con orgoglio la civiltà occidentale, quanto meno se si intende evitare il ritorno alla legge della giungla. L'alternativa è quella tra prendersi a legnate o scorticarsi vivi per eccesso di «civiltà occidentale» e non si capisce quale dei due sistemi faccia più male e in ogni caso i ragazzi violenti sono il frutto dei sistemi educativi usati dai civilissimi genitori, schiavi del perbenismo, degli psicofarmaci, di una cultura imparata ma poco assimilata, dell'alcol, di dispositivi tecnologici (invadentissimo il telefono) ed ovviamente dei soldi.
Polanski, com'è giusto che sia, non offre soluzioni (anzi, sembra suggerire che non ve ne siano), ma uno spettacolo sintetico ed efficace, sorretto da quattro interpreti bravissimi.
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