Regia di Roman Polanski vedi scheda film
In whisky veritas.
Se poi è uno Scotch(praticamente un nettare degli dei in confonto ai grevi bourbon americani)....
L'alcool anestetizza le coscienze e rimuove anche le inibizioni più ostinate.
Quella bottiglia senza fondo di whisky è la vera protagonista del nuovo Polanski, il suo MacGuffin, è il motore e il carburante allo stesso tempo di un massacro collettivo dentro un salotto in cui sono tutti contro tutti.
La facciata borghese ipocrita e perbenista viene frantumata da una normale lite tra ragazzi con qualceh conseguenza in più del solito, la diversa estrazione sociale diventa una sorta di muro divisorio impossibile da scalare, le coppie implodono e quello che all'inizio sembra una lotta intestina tra la metà maschile e quella femminile dell'universo diventa invece una gara ad eliminazione.
Polanski è a suo agio col teatro filmato, lo ha accarezzato diverse volte nella sua carriera con molti suoi film che hanno fatto della claustrofobia il loro carattere dominante.
Appartamenti luciferini o semplicemente svuotati di ogni parvenza di vita da riempire con la follia,sinistri bagliori della lama di un coltello, inquilini misteriosi, lune di fiele, morti e fanciulle sono il trait d'union tra il suo cinema e quella che potrebbe essere la sua concezione di fare teatro.
I movimenti vivaci, quando non convulsi, della macchina da presa cercano di accentuare il carattere cinematografico di una piece che più teatrale non si può. Vogliono demarcare una distanza che sappiamo non esistere.
Per larghi tratti crediamo che sia cinema puro, ma manca quel quid, quella magia che ci fa gridare al capolavoro , quel qualcosa che può rendere indimenticabile un film come questo.
I quattro attori in scena cercano di dare il meglio di se stessi:favoloso il sottotono con brio di Waltz, carismatico come non mai, sorprendente il personaggio di John C. Reilly, ricercato borghesuccio fuori col suo maglioncino alla Marchionne e assolutamente miserabile dentro, così come la madame di Kate Winslet che appena apre bocca perde progressivamente savoir faire e classe (vomito escluso), marchiata a fuoco Jodie Foster, dimagrita ,invecchiata e con la gestualità isterica di chi si è fatto di crack prima di andare in scena.
Carnage è una santabarbara pronta ad esplodere in qualsiasi momento, stracolma di parole in libertà che vengono usate come corpi contundenti. Parecchi colpi a segno direttamente, alcuni di rimbalzo, molti vanno a vuoto.
E manca del gesto liberatorio nel finale(tipo prendere a bicchierate in fronte il proprio interlocutore) per chiudere questa rissa verbale di 80 minuti.
Se Polanski voleva sgretolare con questo film la facciata perbenista della middle e della upper class americana, beh forse lo ha fatto con un pò troppa acredine.
Il problema di Carnage è che lasciandolo sedimentare perde di consistenza, le parole tendono a essere dimenticate.
Quello che si ricorda bene sono le vene gonfie sul collo di Jodie Foster( altro che Adriano Pappalardo!) e la pericolosa tendenza della sua doppiatrice a farla parlare come Duffy Duck nei momenti più concitati.
Doveva e poteva essere un capolavoro è invece un frainteso esercizio di stile mirabile ma fine a se stesso.
Peccato!
il talento è fuori discussione
il migliore
non male
sembra sempre sull'orlo del collasso
sorpredente
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