Regia di Marleen Gorris vedi scheda film
Tratto dalle tragiche memorie di Eugenia Ginzburg, "Viaggio nella vertigine" di Marleen Gorris, mette in scena il calvario della persecuzione e gli orrori della deportazione nei gulag a danno dei presunti nemici del partito comunista durante il regime stalinista. Lo fa attraverso la storia di una sopravvissuta, Genia Ginzburg appunto, incarcerata per ben diciotto anni con la semplice accusa di essere una simpatizzante trotskista. Intellettuale militante, docente universitaria di letteratura nonchè madre premurosa di due figli, la donna viene dapprima sottoposta alle umiliazioni e alle torture del carcere duro per essere poi trasferita nel campo di Kolyma mentre fuori il marito si suicida ed il secondogenito muore di fame durante l' assedio di Leningrado. Nonostante ripetute umiliazioni a livello, fisico, psicologico e sessuale, nonostante veda le proprie compagne di sventura cadere anno dopo anno, Genia non cede alla disperazione assoluta e continua a lottare utilizzando le proprie convinzione e la propria formazione culturale per alleviare le pene chi la circonda. Piuttosto convincente e disturbante nella prima parte, il film della regista olandese - premio Oscar per "L'albero di Antonia" - offre una buona ricostruzione dell' epoca e ne tratteggia bene le piaghe soffermandosi specialmente sulle atmosfere tese, sui giochi di potere e sulle caratterizzazioni di personaggi imperfetti, irrimediabilmente corrotti da un sistema terroristico a tutti gli effetti. Notevole la prova di Emily Watson nei panni della protagonista, a suo agio come al solito nell' interpretare ruoli estremi, riesce a gestire un potenziale drammatico smisurato regalando insperate sfumature al proprio personaggio. Con questi presupposti, dispiace quasi constatare che la seconda parte del film non riesca a mantenere lo stesso livello di efficacia. Fra una citazione letteraria e l'altra, infatti, gli anni di segregazione a Kolyma vengono descritti attraverso dinamiche narrative già viste in molte altre pellicole trattanti il medesimo argomento (ma in contesti storici/geografici differenti) ed i toni vengono smorzati anche dall' inaspettata storia d'amore che si viene ad instaurare con il medico del campo. Non che speranza ed ottimismo facciano male a nessuno ma non riesco a farli conciliare con un momento storico di rarissima ferocia come quello delle purghe staliniane. Ad ogni modo il film rimane una dignitosa testimonianza, sebbene di matrice occidentale, degli abusi perpetrati da un regime - quello del "baffone" - che poco si è visto portare sugli schermi.
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