Regia di Emilio Estevez vedi scheda film
Sulla carta prometteva molto di più questo ritorno alla regia a quattro anni di distanza dal discusso (e per certi versi sorprendente) “Bobby” di Emilio Estevez che questa volta parte da un’idea portante assai buona sia per significati che per possibilità intrinsecamente disponibili, ma poi osa troppo poco ed anche dallo script stesso non sembra impossibile immaginare che si potesse trovare qualche idea a compendio di maggiore effetto pratico.
La vita di Tom (Martin Sheen) è scossa dalla notizia della morte improvvisa del figlio (Emilio Estevez) proprio quando quest’ultimo aveva da poco cominciato il lungo pellegrinaggio alla volta di Santiago de Compostela.
Recandosi sul posto decide si compiere questo lungo cammino assieme alle ceneri del figlio; durante il viaggio incontrerà personaggi diversi da lui che gli permetteranno di condividere del tempo con delle persone diverse da quelle che abitualmente frequenta.
Lungo 738 chilometri di viaggio attraverso paesaggi dall’indubbio fascino c’è tanto da far vedere, in più quanto smuove il protagonista ad intraprendere questo lungo tragitto è quanto di più commovente (ed anche di arricchimento personale ed esistenziale) possa esistere, purtroppo sul resto o non si è lavorato molto bene, oppure ci si è accontentati di andare avanti evitando insidie varie.
Così le dinamiche che i tre, “acquisiti” controvoglia, compagni di viaggio (tra i quali è da segnalare una magrissima Deborah Kara Unger) offrono sono quasi sempre sottotono, tanto che se spiritualmente si rimane sempre vicini alla storia (anche se il pur partecipe Martin Sheen non ha quella gamma espressiva che probabilmente avrebbe aiutato), è altrettanto vero che tra le varie scelte a compendio non spicca praticamente niente, poi certo il finale fa il suo “sporco mestiere” anche con alcuni sotterfugi (vedi il nome sul “diploma” da pellegrino), ma se la sincerità di fondo non è in discussione, il resto lo è assai di più.
Insomma la sensazione predominante è che da una trama portante del genere si potesse ottenere molto di più con un maggior lavoro ai fianchi, cercando di arricchire oltre all’animo anche il racconto, invece per quanto si vede l’insieme appare soprattutto didascalico, per non dire anche edulcorato, accompagnato peraltro da una colonna sonora ad effetto, ma forse un po’ troppo orecchiabile e popolare.
Corretto, sentito, ma senza grandissimi slanci filmici.
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