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Death Race 2

Regia di Roel Reiné vedi scheda film

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La recensione su Death Race 2

di supadany
4 stelle

Prequel di un B-movie sorprendente e di successo come “Death race” (2008), pensato al ribasso (fuori il regista affermato e cast più economico), con destinazione diretta in home video, per buona parte, rimescolando qualche carta, riesce a difendersi anche alla grande prima di crollare vertiginosamente nella seconda parte.

Terminal Island è un carcere destinato ai colpevoli dei peggior crimini e gestito da privati che utilizzano i detenuti come carne da macello per i loro show televisivi.

Qui finisce Carl Lucas (Luke Goss) dopo una rapina finita nel sangue diventando presto protagonista dei giochi violenti offerti al pubblico televisivo da una conduttrice (Lauren Cohan) senza scrupoli.

Quando si passerà dalle botte alle gare d’auto con in gioco pure la libertà si giocherà le sue chance, ma c’è chi cospira contro di lui.

 

Luke Goss, Tanit Phoenix

Death Race 2 (2010): Luke Goss, Tanit Phoenix

 

Dopo che nel precedente “Death race” i protagonisti avevano terminato la propria strada, chi con la morte, chi con la libertà, si decide di andare indietro nel tempo raccontando la genesi dello show su quattro ruote, con un protagonista meno interessante per motivazioni, ma con un background comunque non lasciato del tutto al caso (rapina finita male e conti in sospeso).

L’excursus con la violenza relegata a combattimenti all’ultimo sangue funziona quanto basta (senza eccellere), semmai nei rapporti tra le parti, il direttore del carcere, il magnate, il boss mafioso e la conduttrice pronta a tutto per un punto di share, si procede senza deporre una grande attenzione.

Poco male, perché comunque tra volti giusti, Danny Trejo e Ving Rhames avvezzi a questa tipologia di produzioni, e una tamarragine variopinta, il film trova la sua dimensione (almeno in relazione alle possibili aspettative, chiaramente contenute).

Purtroppo è con l’avvento delle gare che la situazione precipita irreversibilmente, non tanto per lo svogilmento delle stesse, quanto per il destino del protagonista che finisce all’interno di un esperimento quanto mai abbozzato e soprattutto per il fatto che la strada sarà ormai anche stata tracciata, ma non vi è un vero e proprio finale, tanto che l’arrivo dei titoli di coda lascia sgomenti.

Scelta ardua da comprendere, un vero peccato perché nella dimensione di un prodotto di genere in fondo, pur con vari difetti, si era difeso anche meglio del previsto, ma nell’ultima decina di minuti pare quasi si faccia a gara per rovinare tutto.

Riuscendoci benissimo.

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