Regia di Jonathan English vedi scheda film
Anno 1215, un templare “pentito” torna in Inghilterra, ove fa voto di silenzio e si mette al servizio di un abate. La follia di Re Giovanni, intenzionato a riconquistare il proprio regno, lo costringerà a tornare a combattere.
Il film di English è basato, almeno inizialmente, sugli eventi connessi all’assedio di Rochester, avvenuto nell’Inghilterra del 1215 ad opera del Re Giovanni nella fase finale della cosiddetta “Guerra dei Baroni”, comunque conclusasi dopo la morte del sovrano stesso, avvenuta nel 1216. Lo spunto è, quindi, storicamente ben definito anche se il film si prende parecchie licenze rispetto alla realtà, sia sull’esito dell’assedio che sull’inserimento nella trama della figura principale del film, il cavaliere templare Thomas Marshall (interpretato dall’ovattato James Purefoy). La resa pratica del lavoro di English ha la sua parte migliore nella cruda realizzazione dei molti combattimenti, girati con buona verve (seppur con inquadrature troppo mosse che non consentono di goderne appieno) e un stile molto realistico, senza iperboli da film fantasy (anche se, pur non essendo un esperto di tecniche di guerra medioevali, ho qualche dubbio sulla verosimiglianza dell’espediente dei “maiali incendiari” usati per far crollare dal di sotto le fondamenta di un castello….) . Non ci viene risparmiata, quindi, la visione torbida di violenze efferate e torture varie, accompagnate da abbondanti profluvi di liquido ematico e menomazioni varie. Ove tutto scade, invece, è nella dozzinale sceneggiatura, assolutamente non convincente nel sorreggere il plot e dialoghi che, a parte quelli ad argomento guerresco, sfiorano spesso il ridicolo (soprattutto quelli a sfondo mistico-religioso-amoroso tra la donzella e il templare); mancanza, questa, amplificata ulteriormente dalle prove recitative delle “forze” in campo: il tormentato Purefoy recita “di bocca” (ovvero smorfieggiando in continuazione) e di fronte (cioè corrucciando incessantemente le sopracciglia), l’altrove ottimo Paul Giamatti digrigna i denti e strabuzza gli occhi in continuazione, nella speranza di dare spessore al personaggio del Re pazzo, ma risultando solo stucchevole e poco convincente, la graziosa Kate Mara, un piacere per gli occhi finche tace, recita battute imbarazzanti con enfasi da fotoromanzo di quart’ordine. L’unico a salvarsi, in definitiva, è il veterano Brian Cox, senza eccellere ma anche senza gravi cadute.
Assediante.
Mediocre.
Indeciso.
Feroce.
Nobile.
Leggiadra.
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