Regia di Jeff Nichols vedi scheda film
L'ombra esiste dentro ognuno di noi,come lato misterioso o energia primordiale,puo' innalzarci o come nel caso di Curtis generare una dissociazione di sè,un autentica paranoia che sembra individuale,ma "Junghianamente" è qualcosa che è parte dell'inconscio collettivo.
"Take Shelter" secondo film del "golden boy" Jeff Nichols è quasi un saggio sulla fobia individuale come "mezzo" collettivo,una valvola di sfogo di un America in balia dell'incertezza,ossessionata da insicurezze ancestrali riversate sul singolo individuo.
Proprio come il protagonista del film Curtis LaForche,operaio in una ditta di scavi che vive in una villetta dell'Ohio con la moglie e la figlioletta sordomuta,l'uomo conduce un esistenza tranquilla,dettata da ritmi quasi standard e monotoni.Ma l'abisso è dietro l'angolo, annidato sotto un esistenza "piccolo borghese",sottolineata egregiamente da Nichols nelle villette color pastello,in una tranquillita' apparente subissata da un disagio psichico.
L'incipit è chiaro sin dal principio,con l'inquadratura in primo piano indugiante sull' inquietudine di Michael Shannon, come sempre camaleontico nello sfruttare un talento innato in ruoli psicotici.Il suo Curtis è mostrato con lo sguardo rivolto verso delle terribili e minacciose nubi,con l'inizio di una "pioggia" sporca dai significati quasi nefasti.Ma è la natura la vera minaccia? o tutto parte dall'interiorita' del singolo? oppure si tratta di un disagio collettivo manifestato da un simbolismo "naturale"?.
E' un quesito che ci poniamo per tutto il film,Shannon dal canto suo imprime (alla grande) un aura di palpabile terrore al suo Curtis,a cui si contrappone la moglie Samantha,una Jessica Chastain in splendida forma,perplessa e in balia dello spaesamento che pervade il marito.
"Take Shelter" è dunque un film dal risvolto sociale/psicologico, un aspetto che pero' Nichols sottrae saggiamente allo sguardo dello spettatore ,tutto è rivolto al paranoico Curtis,alle sue fobie patologiche,manifestate in incubi notturni e atteggiamenti compulsivi.
Un aspetto decisamente "nevralgico" sulla soluzione del film,noi siamo li ad inquietarci sulle vicissitudini di un uomo dall'equilibrio psichico precario,immersi nell'odissea nevrotica di una figura che incarna la collettivita' quotidiana dell'America,col suo bellicismo sfrontato,la crisi economica ed un sistema sanitario inefficiente di fronte ai disagi del paziente.
Il punto di forza del film è proprio quello d'insinuare lentamente una forma "patologica" che ci appartiene,ma che noi scarichiamo addosso al prossimo,in questo caso Curtis.Shannon con questo personaggio fa il paio con l'antesignano psicotico da lui interpetato nel sottovalutato film di Friedkin "Bug" (2006),in quel caso la paranoia era "contagiosa", parte di un sitema "nevrotizzante" portato fin li da un vagabondo reduce della guerra del Golfo.
Nel film di Nichols la fobia e la paranoia sono parte di un quadro piu' complesso,sono ombre sociali annidate nel nido "piccolo borghese",quasi come un parente scomodo nascosto ai piu',che qui emerge prepotentemente negli incubi di Curtis.Tutto cio' emerge nella precisione e nella linearita' di una regia mai enfatica,che in alcuni tratti (sopratutto all'inizio) sembra lavorare di sottrazione alle performance degli attori.
Uno dei pregi di quest'ottimo film risiede proprio nel non invadere il campo con spiegazioni sociali o nessi logici,(af)fidandosi dell'espressione sofferta di Shannon,nella sua visionarieta' primordiale come figlia d'un intera societa'.
Tutto è parte di un "humus universale" desolatamente incerto,simboleggiato dalle minacce della natura come metafore di un disagio collettivo o se vogliamo come "ribellione" agli uomini che non rispettano l'ambiente.Tutti pensiamo a Curtis come allo psicopatico da curare,alla sua voglia irrazionale di creare una sorta di bunker "post atomico" dove rifugiarsi con la famiglia.
La regia di Nichols non smonta questa tesi,ma sembra rafforzarla nella difficolta' dei rapporti sociali che invadono la vita di Curtis,nel ricercare in un passato remoto le cause del suo disagio,cercando di smorzarle e dandone una spiegazione razionale, la visita alla madre affetta da schizofrenia è emblematica in tal senso,ci riporta ad un rapporto doloroso che ancora oggi tormenta Curtis.
Ma il film di Nichols "illude" in cio',cerca inizialmente una spiegazione "edipica" del disagio,scavandone il solco in profondita' nell'assurdita' delle azioni di Curtis e nello sgomento della moglie.Tutto è parte di una predestinazione come urlo di dolore e tempesta "collettiva",la follia di Curtis è figlia del nostro tempo,della difficolta' sociale, di una natura che abbiamo calpestato e sopratutto della pericolosa indolenza burocratica .
Le nubi e gli incubi terribili di Curtis sono metafore della nostra societa' sembra dirci Nichols, ombre nascoste sotto l'apparente tranquillita' borghese,risvegliate da una singola coscienza (quella di Curtis) che ci chiede semplicemente di metterci in salvo....
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