Regia di Jeff Nichols vedi scheda film
L’evoluzione della paranoia di un operaio minerario (il solito Michael Shannon, a cui ormai fare la faccia del matto viene naturale): gli incubi diventano ossessioni, la fantasia prende il sopravvento sulla realtà, tutto gli sembra una minaccia; a ciò si aggiungono i comuni problemi della vita familiare (i soldi che mancano, una figlia sordomuta da assistere). Forse la sua pazzia ha radici lontane (la madre è ricoverata da anni in una clinica psichiatrica), o forse è l’effetto di un indefinibile stress esistenziale. La storia procede lentamente, con descrizioni fin troppo minuziose, per poi arrivare proprio dove ci si aspettava fin dall’inizio: dentro un container chiuso che non si aprirà, dove trovare rifugio dal mondo. Però, a sorpresa, non finisce qui: segue un’enigmatica appendice che mostra una minaccia incombente e fa capire che, in ogni caso, i guai non sono passati. L’ambiguità di quella conclusione è sicuramente il punto di forza di un film che altrimenti scade spesso nel convenzionale.
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