Regia di Justin Kurzel vedi scheda film
Una storia vera. Agghiacciante.
E' quella degli Snowtown murders dal nome della ridente (si fa per dire ) cittadina in cui furono scoperti numerosi resti umani, raccontata in questo esordio da Justin Kurzel con stile volutamente piatto , distante.
Superficialmente si potrebbe pensare che viene narrata solo la vicenda del serial killer più terribile della storia australiana, in realtà il discorso del film è più sofisticato e questo cozza con lo stile registico, fatto di primi piani molto televisivi che a volte si aprono per lasciare filtrare l'orrore. Quello vero.
Con le panoramiche non va meglio: Snowtown è il classico sobborgo frutto della retrovia del progresso. Finto quartiere residenziale in cui ognuno ha la sua casetta singola e il suo pratino di gramigna attorno, pieno di roulotte e di depositi di materiali di risulta che ne fanno scoprire le qualità di dormitorio e di immondezzaio.
Nella vita senza prospettive del sedicenne Jamie , alla disperata ricerca di una guida , si inserisce presto quest'ometto rotondo materializzatosi dal nulla, non particolamente prestante, con un bel cimitero di birrette piazzato appena sopra la cintola dei pantaloni.
Cucina , è sorridente, ha una parola per tutti. Gli ci vuole poco tempo per inserirsi in questa famiglia disfunzionale ( o meglio disastrata) in cui la madre Elizabeth non è in grado neanche di guidare se stessa, figuriamoci la sua schiera di figli e figliastri.
E dopo un po' comincia a dominare le macerie di questa famiglia con metodi coercitivi sempre più oppressivi.
Così come è inquietante il suo rapporto con Jamie, sedicenne, un passato di molestie subite, catturato in quel particolare momento che va dalla fine dell'adolescenza al limitare dell'età adulta.
John diventa il suo padre putativo, la sua guida spirituale e materiale, il suo punto di riferimento.
Il problema è che John è un pericoloso serial killer.
Fa apparire a Jamie come cool cose che cool non sono : tipo sabotare la vita dei propri vicini che hanno l'unica colpa di essere gay, annotare una sorta di lista di proscrizione sempre di gay perchè per John è automatico che siano anche pedofili e quindi devono essere eliminati. O addirittura uccidere il proprio cane solo per dimostrare di saper usare la pistola.
Tra John e Jamie è un continuo gioco al rialzo nell'infrangere leggi e tabù. Fino agli omicidi.
E qui ritorniamo all'assunto iniziale: Snowtown è semplicemente il ritratto di un serial killer?
La risposta è no: è un film sulla fascinazione del male, sul delirio di onnipotenza che scaturisce dalla sensazione di essere al di sopra di tutto e tutti, è un film sulla scorciatoia più breve che prende Jamie per diventare grande, la sua rivalsa contro tutto quello che ha subito.
Poche storie: Jamie non può agire così solo perchè gli manca la figura paterna o perchè viene da una famiglia disgregata senza punti di riferimento.
E' un continuo gioco di attrazione e di repulsione con John che non vede come modello di vita perchè non è in grado di rapportarsi ad alcuna filosofia esistenziale. E' semplicemente il tramite del suo ingresso nel mondo degli adulti.
Vuole stare finalmente dalla parte di chi il coltello lo impugna dal manico.
L'altra componente fondamentale del loro rapporto è la paura di fare la fine degli altri che hanno osato dissentire al verbo di John.
Snowtown partendo dal senso di asfissia che pervade la quotidianità di questa cittadina dimenticata da Dio è un film che procede per accumulazione di rivelazioni sempre più inquietanti sulla vera natura di John.
Non succede niente a Snowtown eppure anche quel nulla mette a disagio, figuriamoci le efferatezze che lentamente ma inesorabilmente alzano il livello dell'orrore.
Per non parlare dei messaggi di "saluto" che John fa registrare a coloro che ha deciso di far sparire.
Per certi versi simile per look e tematiche ad Animal Kingdom ( stesso direttore della fotografia e descrizione sovrapponibile di un brandello di società australiana fatto di famiglie implose) ma decisamente più brutale, è un film che ha un andamento compassato in cui è la sfiancante noia della routine quotidiana a scandire il ritmo.
Kurzel si affida alle ellissi narrative in più di un'occasione evitando le secchiate di sangue in faccia allo spettatore ( che tuttavia non mancano) ma sotto il profilo dell'efferatezza non si fa mancare nulla.
Proprio nulla.
Ed è per questo che durante la visione a Cannes il pubblico ha abbandonato in massa la sala.
L'orrore che scaturisce dalla quotidianità è sempre quello che fa più paura.
Il più difficile da affrontare.
( bradipofims.blogspot.it )
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