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Las acacias

Regia di Pablo Giorgelli vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Las acacias

di alan smithee
8 stelle

locandina

Las acacias (2011): locandina

Un trasportatore di legname argentino taciturno e diffidente; una ragazza madre paraguayana che l’uomo deve trasportare sino a Buenos Aires affinché questa si ricongiunga con certi suoi parenti.

Un ritardo della donna di circa un’ora e il suo apparire con una neonata “non preventivata”, mal dispongono un uomo già di per sé ombroso e poco socievole, che tuttavia tiene fede al suo impegno e fa salire la ragazza sul suo camion.

La storia di Ruben e Jacinta nasce lungo un infinito rettilineo di asfalto che divide Asuncion dalla capitale argentina: un viaggio fatto di silenzi, di diffidenze, di ricerca di comprensione reciproca, ma in fondo anche di rispetto e di attrazione, fisica e mentale tra due individui miti che guardano alla sopravvivenza ma non rinunciano ad imboccare la via che porta a far intraveder loro la felicità.

Il cinema argentino può ancora permettersi il lusso di puntare al neorealismo di una storia d’amore minimalista che punta sugli sguardi di una nascente progressiva intesa tra due individui distanti e diffidenti, logorati o comunque segnati dalle difficoltà quotidiane, soli ma non per questo arresi alla solitudine, anche se con questa hanno imparato a convivere con coerenza e lealtà.

La regia di Pablo Giorgelli cattura abilmente sguardi di neonato, piccole alterazioni espressive dei due intensi protagonisti che in pratica recitano loro stessi, o così inducono a pensale lo spettatore che pian piano si fa irretire da una storia d’amore semplice, intensa e genuina che comunica speranza e voglia di riscatto.

Una vicenda che cattura “strada facendo”, è proprio il caso di dirlo, semplice ma potente, che lascia nel pubblico un messaggio di speranza che fa bene al cuore, allo spirito, ed irrobustisce in ognuno di noi la voglia di riscatto, che rimane, nei due magnifici protagonisti, una progressione edu una apertura mentale dignitosa e nobile verso un’incognita salvifica e rigenerante.

Un sentimento che si estrinseca nella consapevolezza di un senso di fiducia che matura reciprocamente tra due miti e poco appariscenti soggetti: Jacinta che va a telefonare e lascia il suo tesoro, ovvero la sua bambina, nelle mani di un impacciato ma intenerito Ruben, è un momento di grande cinema che Giorgelli cattura alla perfezione ed estrinseca nello sguardo inconsapevole ma perfetto del neonato, e ancor più nel volto sinceramente emozionato del protagonista, ma anche dell’attore che in quel momento ha vissuto l’emozione di uno sguardo interrogativo ed adorante dell’esserino innocente che non recita ma vive l’attimo di una vita che inizia.

 

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