Regia di Roland Emmerich vedi scheda film
“Anonymous” (id., 2011), film di Roland Emmerich (quattordicesima pellicola) che si infila nell’escursus (quasi) storico abbandonando (per ora) catastrofismi vari e pericoli a dismisura.
Un lungometraggio costruito e ricostruito con arguzia, intensità e intrigo; un Emmerich che non t’aspetti e che vira verso un racconto con stereotipi lontani e un resoconto teatrale molto indovinato. Scene e scenografie di grande effetto (pur con un accenno a inquadrature fuori posto con uso di mezzi tecno moderni) che danno risalto a una fotografia di forte sapore oscuro, annebbiato con colori ingrigiti e luci molto attenuate (gli interni con candelabri rincorrono lo scarno volto dei personaggi ad iniziare dalla Regina in vecchiaia). Un film raccolto e rabbuiato con la viva voce di attori in spolvero e con una recitazione sentita e peculiare. La regia tenta (riuscendo più volte) uno stile tutto suo e raccorda le fasi narrative con esterni e fuori-campo ben congegnati e assolutamente di valore. Un ritmo di basso profilo per molte parti con struttura sagace e persuasiva: il teatro elisabettiano dirige e rompe gli schemi degli stessi palazzi; la vita amorosa, le questioni politiche e i nascondimenti regali schiumano e forniscono alimenti narrativi giusti che non tutti ammirano. Un teatro di vita dove la verità giunge a noi con misteri (quasi irrisolti).
Il film prende gioco sul personaggio di Edward de Vere (bambino prodigio) che vive il teatro da subito (e davanti alla Regina) e che vive la vita del Palazzo in una condizione ‘chiusa’ e di puritanesimo. La sua scrittura è sempre ostacolata e il suo teatro non piace ai potenti. Ecco che la sua voce trova conforto in un certo William Shakespeare (a cui attribuisce il merito). La storia di un anonimo personaggio e di uno scrittore inventato arrivato fino al secolo scorso è la schermaglia narrativa di tutto il film (il cui pretesto è buono ma non ci crede fino in…fondo).
“Non fa niente che hai tradito…ma non tradire le mie parole” dice William. Un messaggio di forza e che la storia ricorderà (giammai la famiglia del drammaturgo che pensa a un castigo ‘divino’ avere in casa un insulso personaggio di tragedie e voci fuori-coro).
Non certo un capolavoro e giammai un’opera di raffinatezza indiscussa ma un film ben raccontato, con attori giusti e messa-in-scena di giusta valenza. La regia tende a limitare l’inquadratura in alcuni frangenti: nelle camere da letto, negli scontri sanguinari, nei primi piani (e fa bene). Buona l’intersezione e l’andirivieni tra i tempi narrativi e le rappresentazioni teatrali.
Grande prova recitativa di Vanessa Redgrave (nella parte della vecchia Regina Elisabetta I): spettrale e convincente. Una Inghilterra fioca, satura e con mordente frenato fanno da corredo ad un Palazzo in cui il potere vive di meschini sotterfugi Mentre il teatro dà vita e farà rivivere il mo(n)do dischiuso delle Porte dei padroni con i popolani in attesa.
Voto: 7+.
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