Regia di The Vicious Brothers vedi scheda film
Cercherò di evitare la solita solfa che mi ritrovo ad esternare ogni volta che mi occupo (e capita con buona frequenza) di una nuova uscita horror. Mi limito a dire che oggi (a parte la simpatia che da sempre mi ispira Rob Zombie) i due paesi che dettano la linea in fatto di fantasia e creatività sono indubbiamente Francia e Spagna. Queste due nazioni ci hanno regalato negli ultimi dieci anni degli autentici gioielli. Quanto agli americani, devono fare i conti con una evidente crisi di idee che ha investito tutta Hollywood. E questo sia a livello di blockbusters (ormai solo sequel, prequel e minchiate in 3D) ma anche gli indipendenti mica scherzano quanto a corbellerie. E la più macroscopica di queste truffe si è consumata con il clamoroso successo dei due "Paranormal activity". Superando il concetto che quei due film mi hanno fatto veramente schifo, quello che più mi irrita è l'aura indie che ha avvolto quella doppia esperienza produttiva. Qui stiamo parlando di gente che "ci ha provato", con budget ridottissimi, a mettere in scena il NULLA più totale e, magari cogliendo al volo una congiuntura favorevole originata da un pauroso vuoto di idee, è riuscita a mettere a segno un formidabile (mi si passi il termine) colpo di culo. Ed ecco che la massa di bocca buona ha portato al top del box office una (anzi due) stronzate galattiche come il doppio Paranormal Activity. La legge del mercato, come è nell'ordine delle cose, esige che il fenomeno faccia scuola. Ed ecco che, senza che nessuno se ne vergogni o ceda al minimo imbarazzo, arriva sugli schermi questo "Esp" che sembra addirittura ostentare con spudoratezza la parentela strettissima non solo col film sopra citato, ma anche (e forse di più) con la serie spagnola "Rec" (ferma restando la qualità oggettivamente superiore di quest'ultimo rispetto ai due "Paranormal"). Ora, io non mi permetto di criticare un cineasta solo perchè "segue una scia", se lo fa in modo dignitoso. Ma qui va detto che esiste, a monte, un problema mica da poco. Se parliamo di case infestate, sottofilone horror ben preciso, dobbiamo essere chiari: il campo d'azione, la casistica, le retrostorie possibili, gli snodi narrativi...tutto ciò è assai limitato ed offre ben poche occasioni alla fantasia. Per cui è inevitabile la sensazione di rivedere più o meno sempre gli stessi film, magari sostituendo un condominio con una clinica degli orrori dismessa e abbandonata ma pur sempre popolata dai soliti mostri annoiati (e noiosi). E secondo me non si fa che peggiorare le cose, se ci si fanno venire certe "ideone" tipo il protagonista che acchiappa una bella pantegana e se la pappa con gusto e poi si lecca pure i baffi. Scusate se sembrerò drastico, ma questo è cinema che non ha sbocchi, e soprattutto non ha niente da dire, se non alimentare l'ego molto fighetto di qualche giovane cineasta che spera si compia di nuovo il miracolo di "Paranormal activity": la famosa "moltiplicazione dei dollari". Un cinema horror vecchio, stantìo, rimasticato, decrepito, a dispetto dei giovani cineasti fighetti che gli danno vita. Peraltro non si ravvisa in esso nessun sottotesto politico nè tantomeno alcuna metafora sociale (elementi che hanno spesso reso nobile il miglior cinema horror, da Romero a Carpenter), no, qui l'humus culturale è di evidente stampo nerd. Storie che si ripetono secondo traiettorie prevedibilissime, personaggi che sono macchiette abbozzate più che caratteri, anche perchè serviti da sceneggiature molto scarse. Ad onor del vero, l'incipit del film non è poi così malvagio. Ci vengono presentati i componenti di una troupe televisiva: si tratta di un programma che è un mix di "reality" e di "inchiesta sul campo". Un conduttore, supportato da una serie di assistenti, si reca sui luoghi "infestati" da presenze occulte con l'intento di documentare la presenza di quegli esseri demoniaci. L'aspetto intelligente di questa fase introduttiva del film sta nell'evidenziare quanto la stessa troupe sia scettica sulla propria "mission" e, a telecamere spente, ci ride pure sopra. Addirittura, visto che delle "presenze" non pare esserci traccia, è lo stesso staff del programma a fabbricare prove fasulle per non far crollare l'audience. Fin qui, il film è anche divertente. I problemi cominciano però dopo nemmeno un quarto d'ora dall'inizio, quando il conduttore e i suoi compari sperimentano che i fantasmi là dentro ci sono per davvero, e allora prima dilaga la strizza generale e poi uno dopo l'altro tutti iniziano a sbroccare. E a questo punto la storia è già finita. Va in scena il solito teatrino di cristi che vanno progressivamente fuori di testa, tra un fantasma incattivito (dalla fame, si suppone) e l'altro che sbucano alla chetichella da anfratti e pertugi. Tuttavia non mi sento di criticare coloro che amano sinceramente questo sottofilone e che non si scompongono se anche la liturgia di questi film si esprime in fotocopia. Un esempio? Fateci caso: c'è sempre un finale dove un protagonista, ormai ridotto a brandelli, nel suo annaspare nel buio, càpita in una stanza segreta dove scopre sgomento foto e testi antichi che citano riti satanici o macabri rituali, della serie "ma ormai è troppo tardi". (Questo, va specificato, con particolare riferimento al filone "Rec", che in "Esp" viene ampiamente ripreso). Per chi, come me, segue con sincero interesse il cinema horror, è piuttosto deprimente vederlo svilito in questo modo da chi lo pratica con tanta sempliciotteria, animato dall'unica speranza di diventare "il nuovo fenomeno" e ritrovarsi con un bel conto in banca. E la delusione aumenta se si pensa a quanto i Maestri del genere (Carpenter e Craven) abbiano recentemente dimostrato di aver perso parecchio del loro antico smalto. In definitiva, io penso che film come questo vadano visti senza aspettarsi molto. Valutandoli cioè nell'ottica di piccoli (e modestissimi) prodotti indipendenti, e allora -forse- ci si può anche divertire. Ma guai a cercare "il nuovo fenomeno horror", perchè ne siamo proprio lontanissimi.
Voto: 4/5
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