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Bad Teacher. Una cattiva maestra

Regia di Jake Kasdan vedi scheda film

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La recensione su Bad Teacher. Una cattiva maestra

di ROTOTOM
4 stelle

La cattiva maestra  Cameron Diaz è la maestra che tutti vorrebbero avere. Al posto della mela un po’ di marjuana e un vibratore rosa. Qualche sogno impiastricciato nei kleenex e una rimembranza alle passate gesta degli italici pierini che spiavano innocentemente sotto le cattedre in attesa di una parvenza di proibito. Cameron Diaz è la stragnocca. Maestra che non vuol sapere di insegnare e punta al ricco per sistemarsi così come punta allo stipendio per sistemarsi le tette di un paio di taglie in più. Catalizzatrice di tutte le fisime da ragazzina viziata, irriverente e insofferente verso la normale conduzione di una vita di relazione, banale e noiosa, la maestra educatrice per obblighi alimentari affronta il primo tempo della commedia con il passo risoluto delle sue chilometriche gambe e il broncio sexy facendo il verso ai F.lli Farrelly per i quali Cameron fu la fantastica Mary  che confondeva lo sperma con il gel da capelli.

La Bad Teacher litiga e truffa, ammicca e spande odio, occhiatacce, battutacce e sconcezze. Il trucco è sempre quello della scheggia impazzita inserita in un contesto di placido rigore un po’ ipocrita, così che la cattiva ragazza possa scatenare situazioni comiche/ irriverenti solo per differenza rispetto alla normalità. Un po’ poco, per la verità. Poi però quando tutto potrebbe rotolare allegramente verso il massacro delle convenzioni e l’insano, definitivo rifiuto delle regole in un twist liberatorio ecco la redenzione. Il colpo di coda che fa ritornare il tutto sui binari canonici del politicamente giusto, secondo le regole della ritrita commedia americana. Riabilitazione e sputtanamento della rivale in amore gelosa, affioramento di tutte le più buone intenzioni, l’amore trionfa e il voltafaccia al pubblico viene offerto nella più classica sfrontatezza delle stronze che la fanno annusare per poi darla ad un altro.

La regia, già anonima nella prima, poco più interessante parte che ne aveva nascosto i difetti, si spappola nell’assommare scenette da sit com senza una precisa idea ne’ di cinema ne’ di ritmo narrativo. Parte finale di melassa indigeribile, situazioni patetiche e telefonate affondano quello che i trailer promettevano essere un divertimento senza inibizioni. La commedia americana è in crisi dura, timorosa di tutto, di offendere, di osare, di creare storie originali. Alla fine il corpo della Diaz è sfruttato molto male, cinismo da sala d’attesa di parrucchiera e erotismo stantìo non l’aiutano a risollevare dal fallimento tutta l’operazione.  Justine Timberlake è una macchietta che non si sorprende mai essere personaggio,  sopra le righe fino alla nausea come il resto dei comprimari. Si dimentica tutto appena usciti dal cinema e ci si sconcerta a rimpiangere Alvaro Vitali, il Pierino di Marino Girolami che almeno non si vergognava mai del suo goliardico spiare sotto le gonne.  

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