Regia di Jake Kasdan vedi scheda film
C’era una volta Cameron Diaz: da apparizione/rivelazione “stordente” e letale in The Mask alla piacevole conferma in Il matrimonio del mio migliore amico (in cui sovrastava facilmente la già diva Julia Roberts) fino al culmine raggiunto con l’irripetibile Tutti pazzi per Mary (ovverosia Tutti pazzi per Cameron), ha saputo mostrare un discreto talento comico - dovuto, più che a reali doti interpretative, ad un riuscito contrasto nascente dall’incontro/scontro tra la sua naturale e fresca bellezza con un’assortita moltitudine di episodi assurdi e bizzarri, affrontati con apparente nonchalance e frizzante partecipazione. Sentendo l’inevitabile bisogno di affrancarsi dall’imprigionante ruolo della svampita/femme fatale, ha tentato la via delle produzioni indipendenti o addirittura di parti drammatiche, fallendo o comunque non fornendo prestazioni memorabili (Ogni maledetta domenica, Gangs of New York, Vanilla Sky). Ma la via della commedia (pura o contaminata) non è mai stata abbandonata, alternando cose buone (Cose molto cattive, Essere John Malkovich) ad altre mediocri (l’insulso Charlie’s Angels e suo seguito, La cosa più dolce, L’amore non va in vacanza), anche e soprattutto per via della scadente qualità degli script.
Già insignificante nell’insignificante The Green Hornet, eccola al secondo film di quest’anno: lo scorrettissimo (nelle intenzioni) Bad Teacher. Risultato? Francamente, non se ne sentiva il bisogno. Pellicola ultraderivativa, come senz’altro dagli autori ben noto, che hanno cercato di mascherare/manipolare il tutto, inserendo (come “lezioni” della “cattivissima” maestra) spezzoni di film ad ambientazione scolastica (tra gli altri: La forza della volontà, Pensieri pericolosi, Conta su di me). Ma, al di là di tale aspetto, è fiacca e a larghi tratti noiosa, tutt’altro che divertente.
Il ritratto dell’insegnante perfida, imbrogliona, il cui unico interesse è quello di sposare il pollo di turno che la mantenga, è superficiale e molto poco credibile, male pensato e peggio realizzato. Oltretutto, ampiamente prevedibile, sia nella caratterizzazione del personaggio (fuma erba, si ciba di junk food, beve, è scurrile ed egoista ma anche brillante, geniale), sia nella sua “evoluzione” e nell’interazione con gli altri: aiuta abilmente un alunno sfigato, la “guerra” (che ovviamente la vede vincente) con una stramba e competitiva collega, sceglie l’uomo giusto (indovinate chi, tra il bel riccone inetto Justin Timberlake e lo spiantato ma acuto e più affine Jason Segel …).
Già stravisti sono pure i personaggi di contorno, come pure incredibilmente certe scene (una succinta Cameron Diaz che adesca clienti all’autolavaggio), mescolate ad altre, in pieno spirito “apatowiano”, in cui prevale una volgarità che non sorprende né scandalizza nessuno (al massimo annoia) o una confusa attitudine grottesca, che accresce il senso di tedio.
Tutto il resto è come da copione: regia anonima e piatta, standardizzata, ritmo instabile, colonna sonora (?) non pervenuta, battute e dialoghi di grana grossa che non fanno ridere, recitazione ordinaria e accademica (nel senso di “accademia della mediocrità“), di cui è alfiere l’insopportabile Justin Timberlake: uno di quelli che sa “cantare”, “ballare” e “recitare” (anche nel film), con una bravura tale che non sfigurerebbe ad Amici. Ma negli States lo venerano, manco fosse Pee-wee Herman. Altro genio (ma almeno un po’ simpatico) è lo “smunto” Jason Segel, quello che mostrava fiero il suo alter ego penide in Non mi scaricare.
E la Diaz? Ci mette grinta e impegno, ma appare sfiorita, poco incisiva e non raggiunge il bersaglio, non solo per colpa sua. Che sia avviata ad un’irreversibile parabola discendente?
Once upon a time Cameron Diaz.
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