Regia di Nuri Bilge Ceylan vedi scheda film
Gran Premio della Giuria a Cannes 2011, C’era una volta in Anatolia può essere considerato il film più riuscito dell’ambizioso cineasta turco, che compie un audace e, per certi versi, inatteso salto di qualità. Dietro le scarnissime indicazioni di un’inchiesta poliziesca ancorata alla notte della Storia (ogni Paese ha i suoi misteri e le sue verità ufficiali), il regista compone un potente affresco visivo che rievoca gli anni migliori del cinema del compianto Theo Angelopoulos. Nuri Bilge Ceylan esplora il territorio e lo spazio attraverso lunghi e complessi piani sequenza. La macchina da presa diventa la sonda per riportare alla luce ciò che giace sepolto nel buio. Con grande coraggio, nonostante qualche sospetto (forse inevitabile) di manierismo, il film accompagna il tempo del racconto con un movimento sinuoso e potente sfidando la percezione dominante ancorata a tagli di montaggio ultraveloci e racconti lineari. Nuri Bilge Ceylan, invece, riporta il cinema a una dimensione di pensiero in azione densa e complessa, dove la nettezza del movimento e la precisione dello sguardo diventano discorso e presa di posizione etica e politica. C’era una volta in Anatolia si muove a cerchi concentrici evocando la vertigine di chi per troppo tempo ha fissato l’abisso. E il buio nel quale il film è calato, che progressivamente si apre alle luci dell’alba, è il segno, vivo, di un cinema che chiede di restare - ancora - nel mondo.
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