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C'era una volta in Anatolia

Regia di Nuri Bilge Ceylan vedi scheda film

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La recensione su C'era una volta in Anatolia

di LAMPUR
4 stelle

Tante storie vaganti in una cornice appositamente sfumata. Una ricerca quasi rassegnata per regioni anonime di un'Anatolia indefinita, dai paesaggi ricorrenti e dai confini illusori.

Il militare che accompagna quel drappello di problematiche vestite da autorità (medici, commissari, poliziotti, procuratori) a caccia di colpevoli da smascherare, vorrebbe essere preciso ma rischia lo smarrimento risolutivo degli astanti quando cerca di definire dove inizia il distretto di Saliciullo e finisce quello da Keseciullo.

Ed il malinteso geografico evidenzia/nasconde ancor più grande confusione: nei giudizi, nelle motivazioni, nelle apparenti apparenze.

Certo gran bella fotografia, coccolata da insistiti micro dettagli - il cane che abbaia, la mela che rotola, la lampada precaria -, anche se a lungo andare risulta ripetitiva ed in parecchi frangenti sfrutta atmosfere già sperimentate.

Ma poi? Tutto l'impianto aspira a germogliare un indubbio telaio thriller virando ben presto in loop (in)volontario, tematiche e personaggi sfuggono sovente la fragile trama per coinvolgerci in analisi più intimiste ma dal grezzo appeal (il poliziotto che si accovaccia quando telefona la moglie, il procuratore che considera naturale che una donna perda la vita esattamente dopo averlo annunciato mesi prima, e - duro crederci col senno di poi - ci scherza sopra per primo quando gli sviluppi tireranno fuori dal cilindro ben altre verità).

Coinvolti nostro malgrado andiamo smarrendo anche noi il cadavere occultato stuzzicati dalle strane storie che prendono vita attorno al manipolo di vagabondi erranti, ma giungiamo al termine con i macabri echi di sterni sinistramente squarciati come cozze al cospetto di un'estenuante autopsia finale che vorrebbe, metaforicamente, dischiudere cuori e coscienze pur non avendo gli esatti mezzi a disposizione.

Ci lamentiamo anche noi allora, come il tecnico autoptico che sogna un seghetto elettrico per il suo bel daffare, immaginando magari meno carne (ma anche frutta) al fuoco, ma pretendendola cucinata a puntino, senza vagare per lande copincollate, gonfie di vento, lumi di candela ed algide bellezze assediate di pensieri silenti mentre strizzano l'occhio al cavallo belatarriano...  

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