Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Sono immobili i protagonisti di Drive, manichini marmorizzati in attesa del momento perfetto per mostrare una necessaria illusione di vita. Oggetti inanimati di cinema, pronti ad abitare un’inquadratura per lo spazio di una lenta carrellata, volti plastificati e immobili, quasi incapaci di parola, ma capaci di lordarsi le mani di sangue. Bellissimo e lancinante, il nuovo film di Nicolas Winding Refn, racconta l’illusione della vita e della morte e per farlo usa la più assoluta, poetica, straziante e meravigliosa delle illusioni, il cinema. Prendendo nelle proprie mani, un pugno di stereotipi senza vita, Refn, li plasma e li rende indimenticabili, utilizzando il gioco di prestigio cinema, come mezzo espressivo per raccontare una storia western di etica ed estetica. Così come un cavaliere solitario, lo straordinario Ryan Gosling, entra ed esce dalle nostre vite e da quelle degli altri, cambiandole per sempre e cancellando in un gesto solo, gli ormai obsoleti concetti di vita e morte. Intrappolato in una violenta missione di salvezza e sangue, lo stuntman Gosling guida veloce, ama da lontano ed uccide sottovoce, consapevole dell’effimera ed ineluttabile illusione di cui fa parte. Nulla esiste o importa prima e dopo i cinque minuti scanditi dall’orologio del protagonista, così come niente esiste prima e dopo la proiezione di un film. Solo il fascio di luce del proiettore, dà vita e sostanza ai sogni, forma e corpo alle illusioni e alle utopie, rendendo tutto possibile, realizzabile, vero e vivo. Le comparse, le ombre umane che abitano Drive, aspettano in silenzio la possibilità di poter compiere il proprio destino, accoccolati uno accanto all’altro, mentre il vuoto e il silenzio colmano le distanze che li separano. Cinema che può e che è, a dispetto di quello che rappresenta e di coloro che lo abitano. Divinità matrigna e crudele, capace di confondere mente e cuore, annegando le nostre certezze nel sangue, confondendo la vita con la morte e la realtà con l’illusione.
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