Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Inizia tutto con una Chevy Impala, la "macchina più comune di tutta la California". Una fuga-inseguimento fra le strade di una Los Angeles notturna. Alla guida, "il pilota", o "il ragazzo".
Dieci minuti e poi i titoli di testa, sulle note di "Nightcall" di Kavinsky. È questo l'incipit di Drive, ottavo lungometraggio del regista danese Nicolas Winding Refn.
Il film, presentato in concorso alla 64ª edizione del Festival di Cannes (dove vinse il premio per la miglior regia), si presenta come un thriller/noir (anche se sarebbe meglio parlare di neo-noir) scandito dalle luci e dalle sonorità electro di una città notturna che non dorme mai.
Un'opera estetizzante che, sfrecciando nel buio, punta in alto, alla continua ricerca della propria direzione tra le strade oscure di una Los Angeles infinita.
Il protagonista di Drive è un pilota senza nome (interpretato da Ryan Gosling) che lavora come meccanico in un officina e come stuntman cinematografico per Hollywood. Di notte, invece, si offre come automobilista per alcuni rapinatori.
Un mattino, di ritorno da uno dei suoi impegni notturni, incontra nell'ascensore del proprio palazzo Irene, la sua vicina di appartamento, che vive assieme al figlio Benicio e il cui marito è in carcere. I due iniziano a frequentarsi, trascorrendo assieme lunghi viaggi notturni in macchina, fino alla scarcerazione di Standard.
Il ritorno del marito, legato alla malavita per un debito, metterà a repentaglio l'incolumità della famiglia e costringerà il protagonista ad intervenire, per poter garantire sicurezza a Irene e a Benicio.
Drive è un viaggio notturno che, nei suoi circa 90 minuti di durata, accumula costantemente tensione, rendendo partecipe il pubblico di tutti i suoi avvenimenti.
Ci affascina la storia messa in scena da Nicolas Winding Refn, grazie al suo lento incedere verso l'epilogo, nelle oscurità delle strade di Los Angeles. Non conosciamo la destinazione e siamo dunque costretti a seguire il protagonista e a salire a bordo delle sue vetture, seguendone i movimenti e le azioni. Abbiamo così accesso ad un noir che si regge sulle spalle del suo personaggio principale, lasciando spazio al dramma, al thriller e anche ad una sottile storia d'amore.
Peccato che la bellezza di Drive si esaurisca qui, nella buona trama e nell'interessante mescolanza dei generi. Non c'è niente di innovativo o profondamente affascinante nell'ottava pellicola del regista danese che, a tratti, risulta anche un po' troppo costruita e pretenziosa, nonostante nel complesso funzioni, riuscendo anche in alcune situazioni ad affascinarci e ad emozionarci.
È nell'autoinganno che Drive perde quasi tutte le sue potenzialità: nel voler dare un senso a dialoghi e lunghi silenzi che, in realtà, non fanno altro che rallentare e appesantire la narrazione, mostrandosi, in certi casi, quasi imbarazzanti; nell'affidare pieno spazio ad un personaggio poco credibile nella sua evoluzione e nell'impassibilità da eroe/antieroe; nel voler ricercare l'innovazione attraverso l'estetica, a tutti i costi.
A fine della visione, d'altronde, cosa rimane se non un senso di vuoto? La sensazione di aver visto qualcosa di ammaliante ma privo di valore aggiuntivo se paragonato alle intenzioni stesse del film?
Drive, è evidente fin dal suo inizio (dal primo inseguimento e dai titoli di testa stessi), ha l'intenzione di distinguersi anche per la sua precisione e per la sua eleganza stilistica. Nicolas Winding Refn non è uno qualunque, e qui ce lo dimostra, realizzando un lungometraggio dall'ottima regia e dal buon montaggio, nobilitato da una fotografia fortemente espressionista e da una bellissima colonna sonora curata da Cliff Martinez (oltre ad altri brani dai Chromatics, Kavinsky, College & Electric Youth e altri). Ciò che nobilità l'aspetto stilistco della pellicola, però, finisce per appesantire il risultato finale. Refn estetizza ogni sua sequenza, ogni sua inquadratura, andando a creare una patina di falsa autenticità, una vetrina luminosa che attrae ma che, al tempo stesso, nasconde la sua vera natura.
Il tentativo non riuscito del regista danese sta nella palese intenzione (potremmo chiamarla pretesa) di voler comunicare l'innovazione tramite l'estetica, cercando di andare al di là delle apparenze, ottenendo però, in questo modo, l'effetto contrario: una barriera tra l'apparato stilistico e l'apparato narrativo che compromette i meccanismi stessi del lungometraggio.
Come ho già detto prima, poi, il film si regge quasi totalmente sulle spalle del suo protagonista, il pilota; un personaggio ideato da Refn per restituire allo spettatore una figura di eroe (o antieroe) impassibile e distaccata ma che, con l'interpretazione di Ryan Gosling, risulta essere poco convincente ed estremamente inespressiva (il doppiaggio italiano, poi, non aiuta). Una scelta sbagliata, quella di utilizzare l'attore canadese, che finisce per aumentare il senso di vuoto di una pellicola che, fortunatamente, riesce ad arrivare a destinazione, intrattenendoci e risultando, nel suo complesso, abbastanza godibile.
Al termine della visione non resta che un senso di vuoto, come già accennato prima. La sensazione di aver seguito un'automobile per un'ora e mezza scoprendo, solamente alla fine, che l'auto stessa non era a conoscenza della propria destinazione.
Un viaggio godibile ma senza una meta: ecco come si presenta, in fin dei conti, l'ottavo lungometraggio di Nicolas Winding Refn. Era quindi lecito aspettarsi qualcosa di più da questo Drive che, al di là delle apparenze, si presenta come un moderno thriller/noir, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti, e niente di più.
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