Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Seriamente tentato di appioppare le cinque stelle, cerco di frenare il mio solito entusiasmo e passo a mettere per iscritto le mie sensazioni post-visione di "Drive". Ultimo lungometraggio distribuito, prima trasferta americana a tutto tondo, secondo film del talentuoso regista danese che ho modo di affrontare a pochi giorni di distanza dal già folgorante "Valhalla Rising". L'infatuazione è confermata. Il cinema di Nicolas Winding Refn fa decisamente per me e mi lascia fantasticare positivamente sui titoli ancora mancanti della sua filmografia (su tutti: "Bronson"). Nonostante in passato la produzione a stelle e strisce si sia dimostrata per diversi predecessori europei una vera e propria tomba di celluloide, il Nostro mantiene una personalità autoriale invidiabile e piega il sistema hollywoodiano a suo piacimento girando un film (quasi) di genere completamente al di fuori degli schemi mainstream. Partendo da un romanzo non imprescindibile di James Sallis, Refn mette in scena il tour de force di uno stuntman senza nome e senza passato che a tempo perso mette il suo innato talento di autista al servizio di rapinatori più o meno improvvisati. Un protagonista ai margini, un anti-eroe silenzioso proprio come il One Eye di "Valhalla Rising". Un implacabile figlio di puttana che sembra trovare la sua unica ragione d'essere nel cuore pulsante dell'azione o nell'estremo sacrificio in nome di chi, forse in un'altra vita, avrebbe potuto amare. Ad interpretarlo un magistrale Ryan Gosling che finalmente passa agli onori della cronaca non solo come belloccio di turno ma come interprete di carisma e magnetismo, come tra l'altro già ampiamente dimostrato in passato nei poco conosciuti "Half Nelson" e "Lars e una ragazza tutta sua". Trovato ancora una volta il protagonista perfetto, "Drive" si dipana con quell'incedere caro al regista: lento e contemplativo ma mai troppo a lungo, costantemente in procinto di esplodere. Ne soffre il ritmo, forse, ma la costruzione della tensione è a livelli altissimi e le improvvise deflagrazioni (organiche e spirituali) arrivano in piena faccia con una forza dirompente. Un altro grande film dalla spiccata personalità che si permette il lusso di giocare con i generi, alternando il noir con l'action ed aggiungendo pizzichi di pulp che si sublimano nella presenza di comprimari ironicamente sopra le righe come Ron Perlman ed Albert Brooks. Si respira aria di Walter Hill ma anche di Mann e Friedkin; dopo tanti anni ritroviamo qualcuno in grado di fare vero cinema anche all'interno di un abitacolo a quattro ruote. Non è cosa da tutti ma Refn non è un cineasta come gli altri e così si può permettere esecuzioni in campo lungo, rese dei conti riprese sulle ombre, baci rubati al rallenty prima dell'indicibile. In "Drive" i momenti e le sequenze da ricordare si sprecano. Nella messa in scena tutto continua ad essere nel posto giusto al momento giusto: luci, fotografia, costumi, trucco, effetti speciali, persino il commento musicale che urla anni '80 ad ogni attacco di synth. C'è anche Carey Mulligan che regge bene la scena e l'assenza di battute nonostante su quei graziosi lineamenti le s'intraveda sempre una certa aria da prima della classe. Che altro volere? Un finale all'altezza? Be', uno stuntman ferito a morte che guida verso una meta ignota, a me, pare tale.
E allora diamole 'ste cinque stelle.
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