Regia di Nicolas Winding Refn vedi scheda film
Gli appassionati di playstation avranno ravvisato di sicuro, nell’inseguimento d’esordio pellicola, le tipiche atmosfere alla Driver, dagli angoli di ripresa alle cupe sonorità dei motori, dalle luci rasoiate alle tipiche riprese dall'alto.
Un marchio di fabbrica reiterato a lungo e coccolato da fotografia griffata, disseminato di silenzi sostenuti e squarciato da improvvisi innesti di violenza tarantinata.
Difetti ne troviamo comunque una baracca.
Il “ragazzo” Ryan Gosling (per mantenerlo tutto il tempo in incognito grossissime acrobazie di sceneggiatura...) a noi comunque piace un casino, ma siamo di parte, e concordiamo in parte con chi l'ha definito (perlomeno in riferimento a questa sua performance), - sul celebre modello eastwoodiano - a due espressioni: con lo stecchino e senza.
In realtà dona spessore al personaggio, comunica coi silenzi, ci rivela tensioni ed umane inquietudini (emblematico il panico espresso in occasione dell'agguato nel motel, con esagerato corredo di maschera insanguinata finale, da esibire a beneficio dei pulpisti più estremi) ed anche il fragile lato umano dell'innamorato distinto ed altruista.
Il film tende a rifilarsi un contegno da noir di livello, azzardando la contaminazione di una decina di generi diversi ed è, forse, la pecca maggiore.
Un profilo meno arrogante non avrebbe guastato come nel caso della celebrata, enfatica e pretenziosa scena dell'ascensore che reclama troppo da tutti, protagonisti e spettatori, svirgolando spesso in farsa cosi come in altre occasioni, quando si passa da grezzi inseguimenti ad ammazzamenti ostentati platealmente.
In fondo al nostro “ragazzo” piace guidare, è un ottimo stuntman, ma gli tocca fare gli straordinari in un'officina meccanica, ed arrotonda come autista per rapine, più per amore della sfida che per necessità: ce ne potevano far vedere qualcuna in più, magari, invece di indugiare in chiazze di cinema d'autore e struggenti, amorevoli palpitazioni, alimentate da sognanti sguardi languidi carichi di “vorrei ma non posso”.
Le quattro stelle le concedo sopratutto a Ryan ed al suo luridissimo (a fine pellicola) giubbottino scorpionato (che una volta in tintoria, si che ci vorrà un'altra rapina per riuscire a pagare il conto!...)
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