Regia di Maïwenn Le Besco vedi scheda film
Storie di ordinari devastanti abusi su minori che segnano le giornate tematicamente tutte uguali ma tutte diversamente sconvolgenti degli addetti della BPM (Brigata di Protezione dei Minori), la sezione che si occupa della tutela dei diritti dei minorenni presso il dipartimento di polizia francese.
Vicende agghiaccianti che si accavallano alle nevrosi, alle problematiche spicce di una squadra eterogenea di poliziotti, a tratti affiatati tra di loro, altre volte rissosi e inconciliabili anche per futili incomprensioni che si trascinano in lotte interne spiacevoli e portatrici di ferite sottili ma non rimarginabili. L'arrivo in quell'eterogeneo ed incasinato microcosmo testimone di devastanti atrocità su vittime innocenti ed indifese di una (avvenente) fotografa incaricata dal Governo di documentare le fasi salienti del lavoro sui minori per un volume di propaganda civica e sensibilizzazione della problematica, getta come del liquido infiammabile sulla scintilla che accende animi e umori di un personale coivolto nel proprio duro lavoro ben oltre i ragionevoli limiti di un mestiere che possa concedere uno stacco fisico e mentale fisiologico e doveroso.
Maiwenn Le Besco, bella e brava interprete ed efficace regista, studia a fondo la torbida sconfortante materia e procede sicura a sistemare sul tavolo da gioco le carte per affrontare questa sua sfida: la carne al fuoco tuttavia è tanta, la fiamma risulta incandescente e tenere tutto a bada sembra un’impresa impossibile.
Ma anche quando il continuo affastellarsi di episodi spesso drammatici che ci vengono mostrati senza falsi pudori con interrogatori in sequenza, portati avanti con intensità ed istinto materno sulle piccole vittime allo stesso modo di come invece appaiono al contrario tesi e concitati nei riguardi dei presunti colpevoli - sembrano ridurre la pellicola ad una accozzaglia di casi umani e drammatici da cronaca nera, ecco che la bella e tenace Maiwenn riesce miracolosamente ad annodare tutte le complesse fila del racconto attorno ad un unico cordone ombelicale: quello della immensa fragilità umana, che ti rende mostro e insieme vittima di responsabilità e problematiche che affronti a muso duro e non riesci più a mandare giù e ad accettare.
Non riuscendo più a spiegarti come l’aberrazione umana possa non avere limiti.
In questo modo anche il poliziotto più scrupoloso e diligente, più comprensivo ed umano perde la fiducia in tutto ciò per cui ha sempre lavorato e per la vita stessa, fino ad arrivare ad assistere attoniti - noi spettatori inermi - ad un finale agghiacciante che non si può davvero scordare.
Per tutte queste ragioni Polisse è un film imperfetto fantastico e devastante, potente e sincero come un ceffone in pieno volto ricevuto all'improvviso: ti prende alla sprovvista e ti offende, ma ti permette di aprire gli occhi e ti capire molte cose, se non troppe, col potere dirompente della sincerità e della franchezza.
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