Regia di Maïwenn Le Besco vedi scheda film
Polisse è un tuffo improvviso nell'abisso. Subito dentro un ufficio proprio mentre una bambina col suo viso angelico sta raccontando di cose irripetibili che ha subito.
Il terzo film di Maiwenn ( che per strada ha perso il cognome Le Besco) che ha per titolo la storpiatura infantile di Police è un poliziesco sui generis, in realtà realizzato con la tecnica più del documentario che della fiction.
Molte ore di girato e poi scrematura progressiva con ampia libertà concessa agli attori di improvvisare su uno spartito in realtà molto particolareggiato.
La violenta forza centripeta del film permette di familiarizzare subito con nomi e facce alla stessa maniera di come succedeva in Legge 627, capolavoro targato Bertrand Tavernier, o anche in Le petit lieutenent, eccellente film inedito in Italia di quello stesso Xavier Beauvois che poi sarà conosciuto da noi con il doloroso Uomini di Dio.
Però Maiwenn non si limita solo alla documentazione pedissequa della difficile realtà che si vive al BPM (Brigade de Protection des Mineurs): soprattutto nella seconda parte accetta anche il rischio della ridondanza della deriva sentimentale (alla maniera di Police di Pialat) allorchè progredisce la relazione sentimentale di Fred, uno dei componenti della squadra e di Melissa, fotografa incaricata dal Ministero degli Interni di fare un reportage sul lavoro di questi poliziotti di seconda linea come erroneamente ritengono quelli appartenenti a divisioni nominalmente ben più importanti.
Non sanno a che tipo di sollecitazioni psicofisiche sono esposti questi coraggiosi servitori dello Stato, in un reparto dove è ben tangibile il concetto di perdita dell'innocenza, di traumi infantili, di crimini contro la moralità. E i bambini,soprattutto i più piccoli sono vittime praticamente inconsapevoli.
Gente di tutte le classi sociali (il maltrattamento dei minori o la pedofilia sono crimini assolutamente non classisti ma percorrono trasversalmente la società) si avvicenda negli interrogatori, cercando di far passare per normali gesti maniacali che non hanno nulla di fisiologico, quasi cercando di convincere chi sta dall'altra parte della scrivania che in fondo non c'è nulla di male in qualche avance(piccola o grande che sia , anche il mezzo stupro come lo chiamano loro è crimine gravissimo) visto che chi è direttamente interessato non si lamenta.
Polisse procede spedito nella sua coralità verbosa,tra riunioni ed esercitazioni, un magma incandescente di sequenze ad alto ritmo per un montaggio veloce senza mai essere frenetico, un turbine di avvenimenti che descrivono come meglio non si potrebbe la quotidianità di una stazione di polizia , dalla continua lotta coi superiori per avere la libertà d'azione necessaria, ai piccoli battibecchi quotidiani di persone costrette a stare gomito a gomito molto più di quello che vorrebbero.
Anche quando sono fuori servizio trovano il modo di festeggiare qualcosa tutti assieme.
Le vite private vanno così a farsi friggere schiacciate da un lavoro totalizzante e che svuota di ogni energia fisica e nervosa.
Polisse non è alla ricerca dello scandalo gratuito: i casi trattati sono tutti ispirati a reali verbali ma i particolari potenzialmente pruriginosi sono tenuti abbastanza sullo sfondo provocando shock nello spettatore più con il non detto che con il detto.
Quello che stupisce è l'atteggiamento dei sospetti colpevoli che sembra quasi inconsapevole della gravità dei propri gesti. Ignoranza? O incapacità ad assumersi le proprie responsabilità come ammettere per esempio di essere malati di pedofilia?
Curiosa la scelta da parte di Maiwenn di ritagliarsi la parte di Melissa, l'inviata del Ministero degli Interni che documenta fotograficamente il lavoro della squadra.
E' una parte che ha un evidente significato simbolico, è la visualizzazione della presenza concreta dell'autore nel bel mezzo della scena come per rispondere a un'ulteriore anelito di realtà.
Meno curiosa e sicuramente più banale la scelta di delineare per sommi capi la sua storia d'amore con uno dei poliziotti della squadra, al costo di lasciare una nebulosa relazione con un ricco italiano(piccolo interpretato da Riccardo Scamarcio che almeno non fa danni) padre delle sue due figlie.
Ma è un peccato veniale in un film ipertrofico che probabilmente concede il fianco a qualche critica solo per eccesso di generosità, per l'ansia genuina di raccontare.
Critiche che per quanto mi riguarda sono assolutamente fuori luogo.
Polisse è un piccolo capolavoro, un film documento che racconta il nuovo millennio alla stessa maniera del Cantet di La Classe o del Kechiche de La schivata anche se nel film di Maiwenn non si parla solo dei figli maledetti della banlieue ma si fa un discorso più generale.
Eccellente il cast che fa a gara per rubarsi la scena per due ore serratissime di film in cui le emozioni si accavallano le une alle altre.
La vicenda di Polisse non ha inizio ma ha una fine improvvisa e inaspettata.
Perchè un simile fardello può essere troppo greve da sopportare.
(Meritatissimo) premio della Giuria a Cannes 2011.
(bradipofilms.blogspot.com)
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