Regia di Lynne Ramsay vedi scheda film
Dopo quasi mezz’ora, mettendo insieme schegge del passato e del presente non sempre facili da distinguere (un aiuto lo dà la lunghezza dei capelli di Tilda Swinton), si comincia a ricostruire la storia di Eva: una donna che ha messo al mondo senza troppa convinzione un figlio cresciuto ombroso e anaffettivo e diventato un criminale; più che un bambino difficile, un alieno dagli istinti malvagi piovuto da chissà dove. Un film disturbante, perché refrattario a ogni razionalizzazione (in questo senso può essere considerato l’ideale antefatto di Elephant di Van Sant): non una riflessione sulla banalità del male, ma una presa d’atto della sua incomprensibilità. Non sappiamo perché Kevin si comporta così, e intuiamo che probabilmente è inutile sforzarsi di capire: marito e moglie, a dispetto del titolo, non parlano quasi mai seriamente di Kevin, e anche se lo avessero fatto non sarebbe servito a nulla. Kevin non agisce con furia cieca, ma calcolando freddamente il modo in cui procurare ogni volta il maggior danno possibile: le sue azioni hanno qualcosa di asettico, e non a caso vengono spesso nascoste da ellissi via via più agghiaccianti (l’uccisione del criceto, l’incidente all’occhio della sorellina, la strage a scuola). A posteriori, restano solo rimpianti: che il padre non si sia mai reso conto di aver allevato un mostro, e che la madre non abbia avuto il coraggio di compiere un infanticidio.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta