Regia di Lynne Ramsay vedi scheda film
Probabilmente siamo di fronte ad una delle opere più cupe, gelide e feroci degli ultimi anni che tra l’insostenibile (non) presente della protagonista e la costruzione del suo rapporto (impossibile) col figlio Kevin costruisce con continuità scene di una durezza totale.
Dopo aver conosciuto l’amore incontrando Franklin (John C. Reilly), Eva (Tilda Swinton) conosce la maternità, ma il suo rapporto col primogenito Kevin è fin da subito impossibile.
Quando Kevin (Ezra Miller) poi, poco prima di compiere i sedici anni, compie una strage Eva si ritrova da sola, tra sensi di colpa insostenibili, un presente dilaniante ed un passato che non può essere lasciato alle spalle.
Pellicola sconvolgente, costruita con continui flashback, tra un presente solitario ed un passato nel quale pochi barlumi di felicità, spesso falsa e comunque estemporanea, si alternano ad una serie di comportamenti che visti perpetrati prima da un infante e poi da un adolescente generano un forte disagio nello spettatore e con esso una serie di riflessioni praticamente infinite (ad esempio l’incapacità dei genitori di affrontare i problemi dei (con i) figli anche quando questi sono talmente lapalissiani che soprassedere pare essere impossibile, ed anche con casi meno violenti ne abbiamo visti tanti di esempi in Italia, penso al barbone bruciato vivo con i genitori dei colpevoli che la definirono una “bambinata”, davvero incommentabili).
Siamo ovviamente all’interno di un caso che più limite non si può, un vero e proprio incubo, che non mostra le azioni solo da una visuale, infatti se dal lato principale gli atteggiamenti di Kevin sono come minimo respingenti, dall’altro vediamo Eva in dolce attesa che palesa un’insospettabile disagio (appesantito da diverse scene successive, come quella nella quale Eva mostra quasi un sollievo quando il rumore di un martello pneumatico soppianta il pianto del pargolo).
Sono comunque soprattutto i rapporti interpersonali a trovare maggiore risalto, così come Kevin con Eva ha solo brutte parole e gesti pesantissimi (tanti davvero insostenibili tanto da minare il legame moglie-marito), così col padre pare quasi un bambino normale con però alle spalle un piano che sembra crudelmente concepito fin dal primo vaggito.
E se alcune cose non vengono mostrate (come l’incidente che toglie un occhio alla seconda figlia e la strage), lasciando comunque intendere chiaramente le dinamiche, tutto il trauma pesa sulle spalle di Tilda Swinton, messa a dura prova psicologicamente, venendone fuori alla grande.
Un dramma totale e lacerante, che sa essere davvero respingente come pochi ed anche per questo l’opera di Lynne Ramsey merita di essere visionata pur sapendo bene che non ci farà piacere vedere una storia come questa.
Terribilmente disturbante.
Affronta temi durissimi e lo fa sempre con spirito d'iniziativa.
Notevole.
Volto ottimamente scelto per il ruolo di un padre ordinario che non vede e valuta come avrebbe dovuto quello che sta succedendo.
Dimostra nuovamente di essere un attore poliedrico e troppo spesso sottovalutato.
Bravo.
Sulle spalle del suo personaggio vi è un peso quasi sempre insostenibile.
Straordinaria la sua interpretazione.
Ormai si può dire che è il più valido rappresentante dell'adolescenza fuori controllo.
Già solo a livello espressivo convince con estrema facilità, se poi dietro c'è, come in questo caso, anche un film che funziona, allora siamo a cavallo.
Spietato.
Ruolo di secondo piano abbastanza semplice.
Sufficiente.
Delicato ruolo della figlia che nasce nel posto sbagliato.
Discreta.
Sufficiente.
Delicato ruolo della figlia che nasce nel posto sbagliato.
Discreta.
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