Regia di Radu Mihaileanu vedi scheda film
Ci sono film fatti e pensati per confermare le convinzioni più banali dello spettatore. Ultimo titolo in Concorso al Festival di Cannes 2011, La sorgente dell’amore di Radu Mihaileanu comincia subito male. Ambientato come se nulla fosse da qualche parte fra il Nordafrica e il Medioriente (che significa?), il film mette in scena il drammatico bisogno d’acqua di un piccolo villaggio perso tra le montagne e la fatica delle donne per portarla a mano in paese. Per convincere gli uomini della serietà del problema, le donne decidono uno sciopero del sesso sul modello “chi non lavora non fa l’amore”. La sorgente dell’amore, più che un film, è una visita guidata, un dépliant turistico. Radu Mihaileanu mette in scena un mondo arabo presunto ideale, senza ovviamente attingere mai alla carnalità aerea di Youssef Chahine o alla magia astratta di un Vincente Minnelli. Tutto si muove nel perimetro di una visione eurocentrica di una banalità suprema. Che incuranti del dibattito in corso sul post colonialismo, Francia e Belgio c’infliggano tale prospettiva del mondo arabo ha dell’incredibile. Come dire che il colonialismo, filtrato dal politicamente corretto, in un mondo dove (orrore!) nessuno è razzista (sarà…), ritorna come kitsch etnico. Nel disastro si salvano solo, ma non significa nulla, la magnifica Leïla Bekhti (Il profeta) e la splendida Hafsia Herzi (Cous cous).
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