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La sorgente dell'amore

Regia di Radu Mihaileanu vedi scheda film

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La recensione su La sorgente dell'amore

di luisasalvi
10 stelle

Dans certains chants arabes traditionnels, on dit que l'homme doit "arroser" la femme, comme si la femme était une fleur. Ou une terre fertile. Et les femmes demandent aux hommes de ne pas oublier de les arroser – autrement dit, de ne pas les négliger et de continuer à les regarder. Etant donné que l'homme n'apporte pas l'eau au village, il ne peut plus les arroser. La sécheresse qui frappe le village est donc une métaphore du cœur qui se tarit

Il riferimento a Le mille e una notte è stato essenziale per diverse ragioni metaforiche. In primo luogo perché è un testo fondativo del mondo arabo, e acquisisce un significato particolare in virtù del fatto che è un'opera collettiva, anonima, popolare, e dunque appartenente a tutta la comunità. Inoltre questi racconti dimostrano come la sensualità sia in realtà una componente essenziale della cultura araba e si rintraccia in numerosi aspetti, come la danza, il canto e il cibo. Un'altra valenza metaforica è data dal fatto che il sultano de Le mille e una notte ha promesso di risparmiare Sharazad fintantoché riuscirà a intrattenerlo con un nuovo racconto. Allo stesso modo tutte le donne sono in grado di evitare la propria morte, e forse quella dell'intera umanità, se hanno il coraggio di prendere coscienza del potere della propria parola e la volontà di affermarla e di esprimerla, non lasciando che siano sempre e solo gli uomini a parlare”.

Il film tocca una enorme quantità di argomenti importanti nel mondo mussulmano, ma molti anche in quello “cristiano”, dalle interpretazioni fondamentaliste o maschiliste o semplicemente burocratiche tradizionaliste dei testi sacri alle tante questioni legate ai rapporti tra uomo e donna. Il regista, ebreo, conosce meno il mondo mussulmano e prima di iniziare la lavorazione del film ha dedicato molto tempo a studiarne gli aspetti; ha preso molte vicende direttamente da quelle di abitanti del villaggio dove ha lavorato per la realizzazione del film. Come già per Vai e vivrai, il regista dice di essersi trovato a muoversi “in una frontiera molto sottile tra il documentario e il racconto di fantasia” e ricorre molto meno che in Train de vie e ne Il concerto a notazioni umoristiche. Forse anche perché questi due affrontano il tema indiscutibilmente tragico dell’antisemitismo, dei nazisti e poi di Breznev, mentre gli altri due riguardano argomenti la cui tragicità è spesso ignorata o trascurata, razzismo, fondamentalismo o maschilismo all’interno di ogni popolo e ogni religione. Lo si vede fin dall’inizio: immagini mosse (con cinepresa a mano, usata spesso in questo film, a differenza dal precedente di rigore formale quasi holliwoodiana) dei piedi delle donne che salgono a fatica il monte per prendere acqua; poi la donna incinta che cade, il sangue… si capisce che ha perso il bimbo, ma torna assieme alle altre con la sua acqua; alternata a questa si vede una nascita al villaggio. Leïla (Bekhti), la giovane “straniera”, sposata a Sami (Bakri), maestro elementare, non accetta questa situazione in cui le donne spesso abortiscono per la fatica di andare a prendere acqua, e organizza la protesta.

Come nei film precedenti il regista ha mediato con grande equilibrio fra le sue proposte di libertà e di apertura umana verso il diverso, contro ogni pregiudizio, e gli atteggiamenti retrivi di resistenza ottusa o interessata, di cui tuttavia cerca sempre motivazioni e spiegazioni, se pur non giustificazioni, mentre non esistono personaggi solo positivi.

Il film è ambientato in un generico paese pedemontano (su aridi monti ai bordi del deserto) di una paese mussulmano fra Maghreb e Asia minore (la vicenda è ispirata a un fatto realmente accaduto in Turchia nel 2001, ma anche al fatto simile narrato da Aristofane in Lisistrata), ma è stato girato in Marocco.

Non riesco a spiegarmi certe affermazioni apodittiche ingiustificate di filmtv (e di alcuni utenti) come "Tutto si muove nel perimetro di una visione eurocentrica (...) una visita guidata, un dépliant turistico"!!?? Ho frequentato per anni ambienti arabo musulmani, dal Marocco alla Turchia alla Giordania alla (musulmana se pur non araba) Somalia, ed ho rivisto nel film ambienti e problemi simili, se non identici; in particolare la centralità del tema dell’acqua… e il lavoro delle donne e l’apatia degli uomini e la mortalità infantile. Anche i canti e balli con improvvisazioni su casi di attualità.

Che il film possa non piacere è altro discorso; ma che gli argomenti per stroncarlo siano l’inconsistenza o la pretestuosità dei temi o dei problemi trattati mi pare un’assurdità evidente a chiunque abbia frequentato quei paesi, senza limitarsi ai viaggi organizzati e alla visita alle “città imperiali” del Marocco o alle piramidi d’Egitto o a qualche ben più costosa ma non meno superficiale visita d’élite…

Anche il senso del film dovrebbe essere indiscutibile e invece (come quasi sempre per ogni film) è frainteso: il finale è tutt’altro che “consolatorio e buonista”: l’acqua è arrivata, ma grazie ad interventi della stampa (dell’entomologo innamorato di Leïla) che ha accelerato le pratiche burocratiche per la realizzazione dell’acquedotto, mentre gli uomini, che avrebbero dovuto darsi da fare, sono sempre fermi a far nulla (come avviene nella realtà, anche in molti paesi dell’Italia meridionale), mentre Loubna-Esmeralda (Herzi), abbandonata dall’amato che ha preferito un matrimonio di interesse, se ne va dal paese, come aveva fatto Leïla dal proprio: l’unica possibile apertura alla speranza è che anche lei finisca come Leïla in una altro paese tradizionalista, a indurre una nuova protesta per affrancare le donne, e gli uomini, e la cultura del paese, dai vincoli di una tradizione comunque oscurante, ovunque.

Come gli altri film del regista, e sempre più, da un soggetto particolare si estende a riflessioni universali.

Grandi attori, e soprattutto attrici; ma in particolare Biyouna nella parte simpaticissima di Vecchia Lupa (in originale Le vieux fusil), e Hiam Abbass nella parte antipaticissima di Fatima.

 

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