Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film
Kaurismaki è un tipo sensibile. E siamo d’accordo. Sbobina poesia dove la sofferenza, la povertà, la rassegnazione la fanno da padroni, ma anche dove un dignitosissimo sopravvivere c’insegna valori che vanno perdendosi ai piani più alti della società, come la solidarietà e la complicità.
Quello che non capiamo è come conciliare la Macchina Cinema con questo minimalismo a tutti i costi, con la recitazione cartoonistica, le mosse stereotipate, la storia telefonata dove capisci subito che nessuno morirà, nessuno non rivedrà la mamma a Londra e nessun poliziotto arcigno rovinerà la festa finale. Dove la scena non richiede ne propone sorpresa, dove il cattivo carogna non sbafa di una virgola ed il poliziotto integerrimo è già disegnato col cuore sporco d’indulgenza. Dove al bistrot segue regolarmente la cena ed in ospedale si lascia la moglie senza neanche chiedere cosa cacchio c’ha.
Probabilmente non sarà stata felice la visione del Miracolo a tre cilindri dopo Memento di Nolan, dove il cinema s’arrotola su per cuore ed anima tridimensionandosi inverosimilmente, dove ti fai un miliardo di domande al secondo e quel cornuto di regista ti dà due miliardi di risposte diverse. Forse più che probabilmente. Scelta sbagliata ma casuale, involontaria.
Tentare una nuova visione kaurismakica a bocce ferme? Chissà. Magari proveremo.
Ma Kaurismaki mi dà l’idea di uno da leggere. In novelle da due/tre pagine. Qualcuno glielo proponga.
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