Regia di Aki Kaurismäki vedi scheda film
Ennesimo incontro fra reietti istintivamente solidali: il Marcel Marx di Vita da bohème (1992), che si è trasferito a Le Havre e ha anche trovato moglie, aiuta un ragazzino gabonese a raggiungere la mamma a Londra sfuggendo ai poliziotti sguinzagliati a caccia di clandestini. Parallelamente c’è la storia di una malattia e di una guarigione inspiegabile, c’è un commissario che sembra il Javert de I miserabili ma poi dimostra di avere un cuore (il personaggio più interessante), e un cameo di Léaud che deve essersi divertito un mondo a fare il persecutore di bambini innocenti. Godibile, commovente a suo modo, ma leggermente inferiore alle ultime prove di Kaurismäki: non so quanto giovi al suo cinema amabilmente surreale un’immersione così esplicita nei problemi del mondo contemporaneo. Il titolo italiano, per quanto possa legittimamente far storcere il naso ai puristi, individua con correttezza il referente diretto nel De Sica di Miracolo a Milano (oltretutto il protagonista fa il lustrascarpe come i bambini di Sciuscià). Un film da usare come terapia Ludovico nei raduni leghisti.
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